Opinioni

Ue e Italia avanti piano con l’ombra di Trump

La crescita europea è deludente, ma in accelerazione
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea a Bruxelles - © www.giornaledibrescia.it
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea a Bruxelles - © www.giornaledibrescia.it
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Le «previsioni economiche d’autunno», pubblicate ieri, sono uno dei due momenti (l’altro è in primavera) in cui la Commissione europea analizza l’andamento recente e previsto di molte variabili macroeconomiche e di bilancio per tutti gli Stati dell’Ue.

Quest’anno coincidono con la fase conclusiva della Commissione von der Leyen insediata nel 2019; dal primo dicembre prossimo dovrebbe insediarsi quella nuova (il condizionale è d’obbligo considerate le recenti vicende relative alla conferma di commissari e vice-presidenti). La crescita europea è deludente ma in accelerazione.

Quest’anno l’aumento del Pil sarà poco sotto l’1%, ma salirà all’1,5% l’anno prossimo e all’1,8% nel 2026. Comunque, nell’ultimo biennio la crescita è stata inferiore a quella di molti Paesi; per esempio, lo 0,4% dell’anno scorso e lo 0,9% di quest’anno si possono confrontare con il 2,9% e 2,7%, rispettivamente, per gli Stati Uniti (possiamo inferire che Biden ha perso le elezioni per cause extra-economiche o, in parte, per l’impatto dell’inflazione sulle famiglie meno abbienti).

Tornando alla crescita europea, l’Italia sarà purtroppo nel gruppo di Paesi con una crescita inferiore alla media europea (0,7%-1,0%-1,2% sarà infatti la nostra crescita nel triennio 2024-2026).

La debole crescita europea viene attribuita, nel documento della Commissione, all’insoddisfacente dinamica della domanda interna: consumi e investimenti. Quanto ai primi, ha inciso l’aumento della propensione al risparmio (in un contesto di elevati tassi d’interesse) ed il peggiorato potere d’acquisto, per via dell’elevata inflazione, la quale peraltro sta ora scendendo rapidamente nella zona euro, più che dimezzandosi quest’anno rispetto all’anno scorso (2,4% contro 5,4%), per poi proseguire la discesa (2,1% nel 2025 e 1,9% nel 2026).

Si aggiunga che solo quest’anno la crescita salariale ha parzialmente recuperato dopo la precedente vampata inflazionistica; in Italia però, nonostante questo recupero, i salari reali sono ancora sotto di circa il 2% a quelli di tre anni fa (mentre nella media Ue sono sotto di poco, circa lo 0,5%).

Per quanto riguarda la seconda componente della domanda, gli investimenti, essi hanno registrato una contrazione profonda in quasi tutti i Paesi Ue. Ora dovrebbero riprendersi, grazie anche alla spesa indotta dai Pnrr nazionali (dubbi però restano sulla capacità di realizzarli davvero come previsto entro il 2026).

La domanda estera ha tenuto nel periodo recente, nonostante il rallentamento dell’economia cinese: è noto ad esempio che i Paesi Ue continuano generalmente ad evidenziare saldi commerciali attivi nei confronti degli Usa. Un quadro però destinato a peggiorare, per la minaccia di Trump di alzare dazi anche nei confronti dell’export europeo: nel comunicato stampa della Commissione si parla genericamente di rischio di «un ulteriore aumento delle misure protezionistiche da parte dei partner commerciali», ma la (futura) Commissione europea dovrebbe predisporre un piano adeguato di risposta (l’Italia sarebbe tra i maggiori penalizzati).

La Commissione ribadisce che è essenziale «rafforzare la nostra competitività attraverso investimenti e riforme», come anche argomentato nel recente rapporto di Mario Draghi. Sono perciò necessari significativi investimenti, privati e pubblici; riguardo a questi ultimi non si esclude l’introduzione di nuove «risorse proprie» dell’Ue (come ammesso nella «Dichiarazione di Budapest sul Nuovo Patto per la competitività europea» di una settimana fa). Sarà però quasi impossibile, nel contesto dell’attuale governance europea (e considerate le posizioni molto differenti tra i Paesi membri), un aumento significativo del bilancio europeo. Un poco più fattibile potrebbe essere un nuovo ricorso straordinario al debito comune, come già fatto con il Next GenerationEU ed ora riproposto da Draghi.

La vera speranza è non solo che si possa ricorrere a nuove risorse od a nuovo debito comune, ma soprattutto che queste disponibilità non vengano solo assorbite dalle spese militari, un rischio conseguente alla strategia geopolitica della prossima amministrazione Trump (questa è la seconda minaccia concreta, oltre ai dazi). Altrimenti, come potremmo perseguire l’obiettivo primario di «promuovere un progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione, pervenire ad uno sviluppo equilibrato e sostenibile» (art. 2 del Trattato sull’Ue)?

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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