Giudici di pace, una crisi infinita che rischia solo di aggravarsi

Claudio Castelli - già presidente della Corte d’Appello di Brescia
Sono la prima frontiera della giustizia, con un fortissimo impatto sulla vita dei cittadini e con un fine conciliativo e di ricomposizione dei conflitti
La sede del giudice di pace in via Vittorio Emanuele in città - © www.giornaledibrescia.it
La sede del giudice di pace in via Vittorio Emanuele in città - © www.giornaledibrescia.it
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Gli uffici del giudice di pace sono la prima frontiera della giustizia. Una giurisdizione diffusa nel territorio e che si occupa delle cause relative a beni mobili di valore inferiore ai 10mila euro, di quelle relative al risarcimento dei danni da circolazione stradale fino a 25mila euro, delle opposizioni a sanzioni amministrative, oltre a qualche materia specifica come il contenzioso condominiale. Ha inoltre una limitata competenza penale per alcuni reati legati alla micro conflittualità tra privati, quali ad esempio le percosse, le lesioni lievi, la diffamazione, le minacce in cui non vengono irrogate pene detentive.

Una giustizia su fatti di limitato allarme sociale, ma non minore, che ha un fortissimo impatto sulla vita dei cittadini e che in primo luogo dovrebbe avere un fine conciliativo e di ricomposizione dei conflitti.

Questa giustizia oggi attraversa una pesantissima crisi. Lasciamo parlare i numeri: per la prima volta nel 2024 le pendenze nazionali degli uffici del giudice di pace hanno superato la soglia del milione, esattamente 1098417 di cui ben 619367 nelle regioni del Sud; vi è una fortissima scopertura delle presenze dei giudici di pace quantificata, a seconda delle fonti ed in mancanza di dati ufficiali, tra il 53 ed il 67 %; una carenza almeno del 25 % di un personale amministrativo già risicato negli organici originari (il rapporto giudici/personale è inferiore ad 1, quando normalmente è almeno di 2,5); i tempi di definizione in costante aumento con sedi che denunciano come la fissazione delle prime udienze per le nuove cause sia arrivata ad oltre un anno. Un quadro preoccupante per questi Uffici e desolante per i diritti dei cittadini.

Per il nostro distretto la situazione non è migliore. Nei sei uffici di giudice di pace esistenti (oltre a Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova, le sedi di Crema e Grumello del Monte) su 69 presenze astrattamente previste vi sono effettivamente solo 18 giudici con una scopertura del 74 %.

Una delle ragioni di questo stato di abbandono è il mancato inserimento degli uffici del giudice di pace (come del resto avvenuto anche per i Tribunali dei minori e di sorveglianza) negli obiettivi del Pnrr. Le performance di riduzione dei tempi e dell’arretrato, per cui abbiamo avuto i fondi Pnrr e per i quali ci siamo impegnati con l’Unione Europea, riguardano unicamente Cassazione, Corti di Appello e Tribunali e quindi hanno portato ad un impegno prioritario in questi ambiti, trascurando gli altri uffici.

Non solo, ma soffriamo una visione storica degli uffici del giudice di pace come una sorta di giustizia «minore», affidati come giurisdizione a magistrati onorari, cui è sempre stata data poca, insufficiente, attenzione. Con l’ulteriore problema che i giudici onorari di pace sono una figura unica, con possibilità di essere assegnati sia agli uffici del giudice di pace, sia ai Tribunali come giudici onorari, sia all’ufficio per il processo, in una situazione di totale incertezza che si è creata nella stessa determinazione degli organici.

Difatti mentre l’originario decreto del Ministero della giustizia del 2018 stabiliva la dotazione organica della magistratura onoraria in 8000 unità di cui 6000 giudici onorari di pace e 2000 vice procuratori onorari, successivamente la legge di bilancio del 2022 riduceva a 6000 il numero complessivo dei magistrati onorari. Legge cui non seguiva la necessaria determinazione da parte del Ministero del numero di magistrati giudicanti e requirenti, né, ancor meno, l’organico dei singoli uffici. Per cui da anni si sta procedendo a vista, senza che vi sia una pianta organica generale e territoriale.

Gli interventi normativi sono stati focalizzati sulla stabilizzazione dei magistrati onorari (con la creazione di un ruolo ad esaurimento dei magistrati onorari in servizio) che vivevano una scandalosa situazione di precarietà, derivante da continue proroghe a partire dal 2006, che aveva portato la Commissione Europea ad aprire una procedura di infrazione.

I magistrati onorari presenti alla data del 13 luglio 2017 (data del decreto legislativo di riforma organica della magistratura onorari) sono stati sottoposti ad una procedura valutativa ed ora, grazie alla recentissima legge del 15 aprile 2025, adeguati come regime giuridico, economico e previdenziale. Un intervento doveroso che però non è stato accompagnato da una revisione dei requisiti per il conferimento dell’incarico, delle tutele e del trattamento economico dei nuovi magistrati onorari, già assunti successivamente al luglio 2017 e di nuova assunzione.

Proprio per sopperire alle fortissime carenze di organico il CSM nel 2023 ha pubblicato un bando per l’assunzione di 1042 nuovi magistrati onorari, di cui 657 Giudici onorari e 385 Vice Procuratori, oggi in fase conclusiva.

Non solo, ma in assenza di una riconsiderazione generale del regime dei nuovi magistrati onorari il rischio è che la situazione di incertezza ed inefficienza continui e che si ripeta una situazione di perenne precarietà anche per i nuovi conferimenti di incarico. Purtroppo manca un’idea progettuale su quale magistratura onoraria vogliamo e su quale organizzazione giudiziaria vogliamo costruire. La prospettazione emersa dalla riforma Cartabia nel 2021 era di uffici del giudice di pace come primo fronte della giurisdizione con un ulteriore aumento di competenza. Passaggio che doveva avvenire al 31 ottobre 2025 e che opportunamente é stato rinviato alla fine del 2026, ma che probabilmente era già eccessivo nella portata, e che richiederebbe, per un’attuazione realistica, quanto meno adeguate risorse ed un’adeguata preparazione.

Il rischio è che il rinvio voglia solo dire, come spesso è accaduto, rimandare il problema, senza affrontarlo. Avremmo bisogno di una riorganizzazione organica dell’amministrazione giudiziaria, con una chiara prospettiva su competenze, risorse e ruoli, in un quadro di programmazione pluriennale e garantendo un minimo di stabilità. È quello che oggi manca da parte di un Ministero della giustizia che appare attento principalmente alle emergenze e alla propaganda.

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