La galassia centrista e le possibili alleanze politiche

I partiti che compongono il centro hanno avuto il 19,62% dei voti alle politiche e il 16,72% alle europee, ma quei consensi valgono tanto oro quanto pesano, per i due schieramenti
Matteo Renzi e Carlo Calenda - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Matteo Renzi e Carlo Calenda - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Qualcosa sta accadendo al centro dello schieramento politico. Insieme, i partiti che lo compongono (Più Europa, Italia viva, Azione, Forza Italia, Noi moderati) hanno avuto il 19,62% dei voti alle politiche e il 16,72% alle europee, ma quei consensi valgono tanto oro quanto pesano, per i due schieramenti. Spostarli tutti a favore di un polo o di un altro (ipotesi di scuola, praticamente solo teorica) può far vincere le elezioni alla Meloni o alla Schlein. Però, fino a poche settimane fa, sembrava che ci fossero due fronti centristi: uno intorno al 9% fatto da FI e Noi moderati e uno composto dagli altri tre gruppi, forte anch’esso di un 8-9%, ma schierato più o meno convintamente col centrosinistra.

Oggi non è proprio così, a giudicare dal comportamento di Azione in alcune regioni: nelle Marche non si presenta, dunque non sostiene Ricci del centrosinistra, mentre in altre realtà o non si presenta, o appoggia il centrosinistra oppure - stando a quanto si dice, ma si tratta di voci non confermate - può inserire propri candidati indipendenti in liste centriste di centrodestra.

È evidente che la linea di Calenda è quella di stare fuori dai poli, pur guardando un po’ più a sinistra ma soprattutto cercando di fare da «coscienza critica» dei due schieramenti, provando a imporre il suo programma (cosa che in Toscana non è riuscita e che ha provocato ripercussioni sull’adesione del partito al campo largo). Non vogliamo fare paragoni irriguardosi verso il glorioso Pri di Ugo La Malfa, che era la Cassandra del centrosinistra, ma restava saldamente in un quadro di alleanze nel quale tentava di portare contributi programmatici forti e accolti dagli alleati, cosa che a Calenda non sta riuscendo.

Però, sta di fatto che oggi esiste un centro «tricolore»: da una parte ci sono Più Europa e Italia viva, inseriti nel centrosinistra e pronti a correre col campo largo anche alle prossime politiche; da un’altra parte ci sono Forza Italia e Noi moderati, stabilmente nel centrodestra (dove rappresentano l’unico elemento centrista in un polo nettamente spostato a destra) dove Tajani è sostanzialmente il contraltare di un Salvini sempre più estremo ed estremista; infine, al centro c’è Calenda, che vale fra il 3 e il 4% dei voti ma può farli pesare sulla bilancia determinando l’esito delle politiche (delle regionali probabilmente no, tranne forse nelle Marche dove però non si presenta, quindi i suoi elettori sceglieranno chi vorranno).

Non è escluso che da qui alle elezioni della tarda primavera 2027 (saranno anticipate di qualche mese per evitare la campagna elettorale estiva) non inizi un corteggiamento che cerchi di spingere Azione verso uno dei due poli. La Schlein ha un bisogno assoluto di quei voti, anche se ora è troppo impegnata a guardare al M5s e a sinistra per rendersene davvero conto (sempre che non se ne accorga troppo tardi).

La Meloni, invece, è sorniona: sa che imbarcare Calenda sarebbe molto impegnativo non solo sul piano programmatico ma anche su quello delle alleanze (dovrebbe scaricare la Lega, scambiando l’8% di Salvini col 4% di Azione, ma se fosse sicura di vincere potrebbe teoricamente tentare l’azzardo, togliendo al centrosinistra voti che valgono doppi) e sa anche che allargando la coalizione e rafforzando il contrappeso di centro (dove ci sono già gli azzurri) si potrebbe andare a pescare elettorato moderato e a infliggere, alle politiche, una sicura sconfitta al «campo largo».

Il «centro del centro», però, venderà carissima la pelle: Calenda ha già dimostrato di non essere facilmente associabile ad un polo (ne fece le spese Letta nel 2022) quindi va trattato con i guanti e senza farsi troppe illusioni. Molti osservatori pensano che il leader di Azione sia irrilevante perché ha meno del 5% dei voti: ma i voti si pesano, non si contano soltanto. Sarà bene tenerne conto per l’evoluzione delle alleanze in vista delle politiche.

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