Elezioni Usa, tutti gli errori dei democratici americani

Lungi da noi volerci arruolare nella schiera dei profeti del giorno dopo, che spiegano (rigorosamente a posteriori) in cosa i vinti hanno sbagliato. Qualche indicazione sulle ragioni della batosta subìta, gli sconfitti le possono desumere dal voto. Sempre che essi si liberino da quella spocchia intellettuale e morale – vizio, questo, che è un po’ di tutta la sinistra occidentale – che li fa sentire superiori alla destra e che quindi li rende restii ad accettare un responso sfavorevole delle urne. Cosa il Democratic Party debba fare per risalire la china in cui è precipitato, non sappiamo. Non spetta a noi peraltro indicarlo. Ma un buon punto di partenza per capire cosa sia intervenuto nell’orientamento dell’opinione pubblica è offerto dall’esame del dato elettorale.
Primo dato. La sconfitta è certamente figlia della gestione della candidatura di Kamala Harris. A cominciare dal ritardo e dall’improvvisazione, con cui è stata annunciata per proseguire con l’inconsistenza della sua figura politica (le manca il quid del leader) e per finire con la genericità del suo messaggio agli elettori.È troppo semplicistico, però, ricondurre alla sola Kamala la responsabilità della sconfitta. Questa viene da lontano. Discende dalla conclamata inattualità della proposta politica dei democratici.
Dal voto emerge con grande evidenza che destra e sinistra si sono letteralmente scambiate le basi sociali. Tradizionalmente, i lavoratori dipendenti, un tempo si parlava di «classe operaia» (un nome che era già un programma), votavano a sinistra. Non era, la loro, una semplice preferenza elettorale. Era una scelta di destino, convinta e irreversibile. I ceti popolari del nuovo millennio non si considerano più degli sfruttati da liberare dalla loro condizione di subalternità (missione dei rivoluzionari) e nemmeno lavoratori che chiedano un’emancipazione economica e sociale (obiettivo dei riformisti). Nel mondo globalizzato si sentono i perdenti, i forgotten men, i dimenticati dalla politica. Non chiedono nessuna rivoluzione, nessuna emancipazione. Semplicemente, si sentono abbandonati. Chiedono protezione dalle ferite che infligge loro una competizione economica allargata che non ha pietà di nessuno, soprattutto dei più deboli. Bene (o meglio, male per i democratici), essi sono diventati elettori dei repubblicani. Al contrario, è la borghesia media e piccola, soprattutto intellettuale, ad esser divenuta l’elettorato fidelizzato della sinistra.

Simmetricamente al cambio delle basi sociali, repubblicani e democratici si sono scambiati la causa per cui lottano. I primi hanno messo al primo posto della loro agenda politica il miglioramento delle condizioni sociali delle classi meno tutelate; i secondi il tema dei diritti. Non più solo, e nemmeno soprattutto, i diritti sociali, ma quelli civili. Diritti soggettivi, impalpabili, inafferrabili, che investono temi sensibili, quali la sessualità (omosessualità, transessualità, maternità eterologa e surrogata) o la vita (aborto, eutanasia volontaria) oppure che riguardano la condizione di minoranze prive di una tutela (carcerati, migranti clandestini).
Il guaio elettorale della sinistra è che le battaglie per i diritti civili non stanno in cima alle preoccupazioni degli elettori. Non solo, cozzano anche contro la sua identità storica. Per usare il linguaggio che le era caro ai tempi gloriosi delle sue battaglie sociali, la portano ad occuparsi della sovrastruttura e non della struttura della società, ossia dell’insieme dei suoi fenomeni ideologici, culturali, etici, spirituali, e non della sua base materiale ed economica.
There is an adage: Only when it is dark enough can you see the stars.
— Kamala Harris (@KamalaHarris) November 6, 2024
I know many people feel like we are entering a dark time. For the benefit of us all, I hope that is not the case. But, America, if it is: Let us fill the sky with the light of a billion brilliant stars.
Trump ha agitato davanti ai suoi fan il drappo rosso dell’inflazione che erode le paghe e insieme il tema dell’insicurezza che affligge interi quartieri delle grandi città. La Harris si è limitata a parlare di questioni generiche: la difesa della democrazia, la crescita del Pil, i diritti delle donne. L’uno ha saputo catturare l’appoggio di lavoratori impoveriti, l’altra è riuscita solo a mantenersi il voto dei garantiti, con in testa rigorosamente le celebrities di Hollywood.
Cosa fare per tornare ad essere competitivi? Ai democratici americani, non diversamente che alla sinistra europea, tocca il difficile compito di far quadrare il cerchio: ossia di sapersi proporre paladini dei diritti civili e restare garanti dei diritti sociali, di conquistare la fiducia dei garantiti senza alienarsi quella dei perdenti.
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