L'insediamento dei parlamentari bresciani: le emozioni di debuttanti e veterani

Al gran ballo dei debuttanti il ritmo non è stato da vertigini. Tre votazioni, tanti momenti vuoti e molti passaggi alla buvette. Erano cinque ieri i bresciani alla prima in Parlamento. E tutti a Montecitorio. Tre in maggioranza, Giangiacomo Calovini e Cristina Almici per Fratelli d’Italia e Maurizio Casasco per Forza Italia e due tra i banchi dell’opposizione con il dem Gianni Girelli e Fabrizio Benzoni di Azione.
Fratelli d’Italia
Nello stesso partito, debutto anche per Giangiacomo Calovini che è dirigente nazionale di Fratelli d’Italia e che nei quattro anni passati è stato assistente personale del senatore Maffoni. «Il ruolo è sicuramente diverso. Sono estremamente emozionato e consapevole della responsabilità in un momento di grande difficoltà per il Paese» spiega. «Ho avuto - ammette - quasi paura quando mi sono seduto per la prima volta in aula perché ho toccato con mano quando grande sia l’esperienza che inizio». E sugli impegni prossimi Calovini ha le idee chiare. «Se devo esprimere una preferenza per le commissioni dico Affari Esteri, ma da novellino mi metto a disposizione del partito».
Tecnico
Ha cambiato lato della piazza invece Maurizio Casasco il cui ufficio da presidente di Confapi era al terzo piano di un palazzo che si affaccia proprio su Montecitorio. «Le mie giornate di solito sono più impegnative, pur comprendendo di dover rispettare gli impegni istituzionali di sole tre votazioni» dice con franchezza. «È comunque un onore essere qui dove è nata la Repubbluca italiana e assumere con responsabilità e impegno questo ruolo» spiega mentre si sfila dal toto ministri-vice ministri - sottosegretari. «Non devo fare carriera in Parlamento avendola già fatta nella mia vita. Voglio mettere la mia esperienza a favore del Paese e della mia città in un momento estremamente critico per imprese, famiglie, lavoro e terzo settore».
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Nel Pd
Come Casasco anche Gianni Girelli, eletto per il Partito democratico, è decisamente sorpreso dai ritmi tutt’altro che serrati del primo appuntamento parlamentare della nuova legislatura. «È stato un impatto con un mondo complicato che ha tempi e metodi del tutto nuovi, compresa una certa lentezza che fa riflettere» si sfoga Girelli. «Fuori si percepisce la mancanza di tempestività che una volta dentro è palpabile. L’emozione di trovarsi in questa aula l’avevo messa in conto, ma i ritmi mi hanno sorpreso. Bisognerebbe cambiarli, rispetto alla Regione è tutto diverso» ammette. «Mi sono sempre occupato di sanità, welfare e legalità e vorrei poter continuare a lavorare anche in questo senso.
Azionista
Tra una chiama e l’altra, e post sui social per aggiornare sulla sua attività, Fabrizio Benzoni ha sfruttato il tempo per farsi guidare dai colleghi più esperti alla scoperta di Montecitorio. «Mi lamento della lentezza delle votazioni in consiglio comunale a Brescia, ma vedendo come vanno le cose qui mi devo ricredere» è il commento del più giovane degli eletti bresciani che fa parte di Azione. «Ho vissuto questa prima a Montecitorio con una grande emozione. Dall’ingresso in aula al primo voto sono momenti unici. Idee per le commissioni? Non ne abbiamo ancora parlato. Non mi dispiacerebbe potermi occupare di sport o turismo. Ma vediamo».
La consapevolezza dei "nuovi" veterani
L’emozione è la stessa della prima volta, che sia cinque anni fa, come per Simona Bordonali, eletta deputata della Lega nel 2018, o per Alfredo Bazoli che alla sua terza Legislatura ha cambiato casacca. Non di partito, s’intende. Dopo due mandati alla Camera, eletto alle politiche del 2013, il Dem da deputato è diventato senatore. «Incuriosito ed emozionato, anche se un po’ di esperienza ce l’ho - ha affermato ieri mattina, poco prima di entrare nell’emiciclo del Senato, nella sala Giuseppe Garibaldi - Questo è un ambiente che ancora non conosco, ma ci sarà tempo».
Leghisti
Chi invece conosce il suo di ambiente è Simona Bordonali, che all’emozione della prima volta, affianca una «maggiore consapevolezza di quello che voglio fare. Quando sono arrivata qui quattro anni fa - afferma la deputata del Carroccio - era tutto molto più confuso anche in termini politici, non era chiaro cosa fosse successo, se la Lega avesse avuto la possibilità di entrare in un governo. Adesso seppur con numeri più bassi abbiamo una squadra notevole che a fronte del 9% a livello nazionale ha una rappresentanza parlamentare che pesa per il 16%». Maggiore chiarezza che dovrebbe consentire al centrodestra di governare serenamente per i prossimi cinque anni. Una certezza anche per Paolo Formentini, deputato della Lega confermato alla Camera per la seconda volta. «È una coalizione forte che deve stare unita, visto che si trova ad affrontare una situazione drammatica per l’Italia. A livello personale – spiega – mi aspetto di continuare a lavorare come ho sempre fatto con grande impegno, non dimenticando Brescia che merita molta attenzione».
Alla sua terza Legislatura è invece Stefano Borghesi, che dopo un quinquennio alla Camera dei deputati (2013/2018), lo scorso 25 settembre è stato riconfermato al Senato, sempre per il Carroccio. Politico di una certa esperienza, è stato membro di diverse commissioni in questi dieci anni, dal Bilancio alle Politiche comunitarie a Montecitorio, fino a ricoprire la carica di presidente della Commissione Affari costituzionali al Senato nella scorsa Legislatura.
«Dobbiamo essere una coalizione compatta – ha detto – perché i numeri per governare ci sono e sono importanti. Trovato l’accordo sulle caselle per le presidenze delle Camere, sapremo dare le risposte che il Paese merita in questa fase di emergenza». Dello stesso avviso Giampietro Maffoni, alla sua seconda Legislatura da Senatore, che non nasconde un certo imbarazzo per il mancato voto di Forza Italia a La Russa, seppur convinto che si riuscirà a lavorare bene insieme. «Si poteva iniziare meglio - afferma - perché il Paese ha bisogno di gesti di coraggio. Ma sono certo che il centrodestra dimostrerà in futuro di essere compatto e unito. Mi impegnerò poi per fare in modo che i parlamentari bresciani, in modo trasversale, lavorino per il bene del nostro territorio».
Tripla veste per Mariastella Gelmini
Senatrice per la prima volta da quando è a Roma, seduta tra i banchi dell’opposizione, ma contemporaneamente ancora, almeno sulla carta, ministro. Tripla veste per Mariastella Gelmini nel suo esordio a Palazzo Madama. «Posso tranquillamente dire che per me è stato come il primo giorno di scuola. Dal 2006 ero sempre stata eletta alla Camera e poi non nascondo anche l’emozione per il debutto nelle file di Azione» spiega la bresciana che inizia la sua nuova vita politica dopo i 20 anni in Forza Italia chiusi non senza polemiche. «Mi ha colpito il discorso di Liliana Segre, di alto profilo, improntato al rispetto delle istituzione. È stato anche un richiamo alla sobrietà in politica indipendentemente dal ruolo che si ricopre tra maggioranza ed opposizione» dice Gelmini.
La sua prima al Senato è coincisa con il ritorno a Palazzo Madama dopo 9 anni di Berlusconi. Insieme allora quando il Cav subì il voto favorevole dell’aula per la sua decadenza, divisi e lontani oggi «Non l’ho incrociato in aula. Abbiamo votato in tempi diversi e l’ho visto da lontano. Gli faccio i migliori auguri di un buon inizio di Legislatura» è il messaggio di Mariastella Gelmini. Che vuole chiudere definitivamente con il passato ma che non può non soffermarsi su quanto visto in aula tra i banchi del centrodestra. «Impossibile non dire che qualche criticità già la vedo. Francamente non me l’aspettavo, immaginavo che almeno questa votazione fosse in discesa per la maggioranza e invece quanto accaduto sottolinea le difficoltà».
Poi, come gia Renzi e Calenda hanno voluto fare sui social, precisa la posizione del suo partito. «Il Terzo polo dopo una riunione con tutti gli eletti ha votato scheda bianca» assicurando così che i voti che hanno permesso a La Russa di diventare presidente del Senato senza l’appoggio di Forza Italia, non sono arrivati dai centristi. Ma su La Russa nessun dubbio: «Sicuramente questo lavoro lo sa fare». Chiusa la partita presidente, almeno al Senato, il ministro uscente guarda al futuro. «Non seguiamo questi movimenti. Siamo concentrati a fare un’opposizione seria. Costruttiva, ma anche dura» annuncia la Gelmini che fissa la priorità assoluta. «Abbiamo proposto per l’energia un tetto al prezzo di luce e gas e speriamo che nella maggioranza ci sia la consapevolezza che non si può attendere perché il Paese è in difficoltà, le imprese rischiano di chiudere ed è quasi impossibile continuare a pagare l’energia come oggi. Quindi ci aspettiamo una risposta immediata dalla Meloni».
Exi sindaco
«Sono entrato da ragazzo». Sorride Adriano Paroli, accanto al busto di Giuseppe Garibaldi, in una delle sale più belle di Palazzo Madama. Da sempre con Silvio Berlusconi, nel 1996 è stato l’unico eletto in provincia di Brescia nel Polo per le Libertà. Rieletto nel 2001 e quindi nel 2008, quando, divenuto sindaco di Brescia, a causa di una sentenza della Corte Costituzionale, nel 2012 ha dovuto dimettersi da parlamentare. Paroli si ripresenta alle elezioni politiche del 2018: nel collegio uninominale di Brescia batte lo sfidante del centrosinistra Ignazio Messina al tempo presidente di Italia dei Valori e viene eletto senatore della Repubblica, ruolo che continuerà a ricoprire per i prossimi cinque anni.
«L’emozione è sempre la stessa – afferma – la differenza sta nella maggiore responsabilità che senti col passare degli anni. Rispetto agli inizi – continua – l’emozione svanisce subito perché sai che ci sono tanti problemi che sei chiamato ad affrontare».
Nel ricordare gli anni trascorsi da parlamentare e confrontando il modo di fare politica un tempo con quello di oggi, tira una stilettata a Giorgia Meloni. «Quando Berlusconi ha vinto nel 2001 e nel 2008 – spiega – si respirava un’aria di grande entusiasmo. Berlusconi aveva grande capacità di coinvolgimento e di dare prospettive. Io questo non lo vedo da parte di chi guida oggi. Spero che in futuro, quando sarà chiamata a ricoprire il ruolo di presidente, anche Meloni sia capace di dare questo spirito nel centrodestra».
Critica la riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari: «Quando i cittadini in televisione vedranno l’aula semivuota si capirà perché. Questo taglio ha diminuito la rappresentanza di interi territori e di interi partiti – dice – e non credo che i padri costituenti volessero questo». Un problema che fortunatamente non riguarda Brescia, che è riuscita a far eleggere ben dodici rappresentanti tra Camera e Senato. «Siamo un’isola felice – afferma Paroli – Credo sia possibile un lavoro comune e trasversale sui temi che interessano il nostro territorio, ma non solo. Il voto di oggi al presidente designato al Senato – conclude – può essere un segnale di partecipazione da parte dell’opposizione per dare il proprio contributo nell’affrontare questo difficile momento che stiamo attraversando a livello mondiale. Come con il governo di larghe intese di Draghi, tutti siamo chiamati a dare il proprio contributo».
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