Italia e Estero

«Il Piano di emergenza contro il coronavirus va desecretato»

La richiesta arriva dal comitato Noi denunceremo, dopo il report dell'ex generale Pier Paolo Lunelli
Un tampone per rilevare il coronavirus - Foto Ansa/Edoardo Sismondi © www.giornaledibrescia.it
Un tampone per rilevare il coronavirus - Foto Ansa/Edoardo Sismondi © www.giornaledibrescia.it
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Sulla base dei contenuti del documento redatto dal generale Pier Paolo Lunelli e depositato alla Procura di Bergamo, il Comitato delle vittime di coronavirus «Noi denunceremo» richiede alla Presidenza del Consiglio ed al Ministero della Salute di desecretare il Piano di emergenza nazionale redatto a gennaio. 

«Il 21 aprile 2020 - sostiene Stefano Fusco, portavoce del comitato Noi denunceremo - è apparsa sul Corriere della Sera un'intervista condotta da Monica Guerzoni ad Andrea Urbani, Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute (come è citato nel documento del generale Lunelli a pagina 26). In essa il Direttore Generale afferma che a gennaio 2020 era stato redatto un "piano di emergenza" (poi secretato) un piano in cui si sembrerebbero ipotizzare scenari da 600.000 morti in Italia. Ci chiediamo - continua Fusco - quale fosse l'esigenza di redigere un nuovo piano di emergenza se non a dimostrazione dell'inaffidabilità di quelli precedenti, o della vera e propria mancanza di un piano operativo di emergenza che fosse attendibile e testato. Vorremmo, inoltre sapere, su quali scenari ipotetici si era abbozzata l'idea catastrofica di 600.000 morti». 

Della richiesta verrà messo a conoscenza anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il comitato Noi denunceremo ha deciso di inviare per conoscenza la pec a Mattarella - spiega la legale del comitato, Consuelo Locati - in virtù della carica pubblica che ricopre, ma soprattutto del ruolo che, non solo ex lege bensì nella coscienza comune, riveste il Presidente della Repubbica Italiana. I cittadini che lui rappresenta non si sono mai sentiti ascoltati e protetti dalla istituzioni e hanno voluto e dovuto unirsi nel nostro comitato per far sentire insieme la loro voce, la voce di chi si è sentito abbandonato».

 

 

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