Spid, i 40 milioni mancanti e il digitale come segno di democrazia

Tutto si risolverà per il meglio, almeno così pare. Nonostante ciò la notizia della mancanza di fondi per mantenere gratuito lo Spid non è di certo delle migliori. Parliamo di 40 milioni di euro, non certo una cifra da capogiro, che lo Stato dovrebbe garantire ai provider dei servizi per la gestione del Sistema pubblico di identità digitale.
Ma i soldi, stando al ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, dovrebbero essere contabilizzati entro fine luglio. Detto questo una riflessione nasce spontanea: è corretto che i cittadini siano costretti a pagare per uno strumento formai fondamentale per interagire con la Pa?
Dal Covid in poi (ricordate la prenotazione dei vaccini?) è infatti innegabile che l’amministrazione, sia sul piano statale sia locale, abbia accelerato fortemente sul fronte digitalizzazione. D’altronde questa è l’indicazione arrivata dall’Europa e che il Pnrr ha recepito. Ma prima di tutto è questa la direzione che ha preso il mondo.
Dall’home banking al delivery, dall’ecommerce al trading online, è sul web che efficacia e velocità si incontrano, due principi che dovrebbero essere fondamentali per la Pa. Ma atavicamente ne rappresentano il tallone d’Achille, che proprio strumenti come lo Spid hanno cominciato a rinforzare. A tutto ciò si aggiungano le abitudini ormai mutate delle persone, vuoi per scelta vuoi per obbligo.
Ecco perché, in attesa di strumenti parimente efficaci e a costo zero per lo Stato (la Carta d’identità elettronica per esempio), garantire la gratuità dello Spid è segno concreto di democrazia. A volte infatti ce lo dimentichiamo ma uno dei pilastri dello Stato di diritto in cui viviamo è proprio l’assistenza al cittadino. Non saranno certo 40 milioni di euro a mettere in ginocchio questo concetto, anche perché come già detto sono stati promessi. Ciò che preoccupa è piuttosto l’indifferenza che ha portato anche solo all’insorgere del potenziale problema.
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