Burocrazia digitale, l’Italia anticipa l’Ue

Gli aspetti positivi che accompagnano la praticità dell’IT Wallet sono numerosi, ma va considerato che gli strumenti digitali restano non facili da usare ancora per molte persone
L'IT Wallet, per tenere i documenti sullo smartphone - Foto Pexels
L'IT Wallet, per tenere i documenti sullo smartphone - Foto Pexels
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Da settimana prossima si sperimenta l’IT Wallet. Sarà una libertà finalmente conquistata o un’altra seccatura? Di fronte all’incessante avanzare della burocrazia digitale non è facile scegliere tra l’esultare e l’infastidirsi. Ma così va il mondo e dovremo farcene una ragione. Speranza o paura? Aristotele suggerirebbe un poco di sana prudenza. E una buona capacità di adattamento, anche perché ogni passo ha segnato anche una semplificazione. E sul fronte della burocrazia, evitare complicazioni è quasi miracoloso.

Pochi avrebbero scommesso che l’IT Wallet sarebbe diventato operativo in tempi così rapidi. Wallet: lo si dice in inglese perché fa internazionale, ma l’idea è quella di un portafogli racchiuso nel telefonino. A spianare la strada verso una rapida soluzione sono stati alcuni dati oggettivi che testimoniano come gli italiani sappiano cogliere quel che fa comodo.

Sono già 47 milioni e mezzo le Cie, cioè le carte d’identità elettronica emesse. Sono oltre 40 milioni le app IO scaricate. IO è l’applicazione che aveva avuto un primo boom quattro anni fa con il cashback – ricordate, la restituzione di una quota dei pagamenti effettuati in forma digitale? Ha poi avuto un ulteriore ampliamento dando la certificazione delle vaccinazioni anti-Covid – ora ha guadagnato una bella serie di altri servizi e ha conquistato la simpatia dei pensionati annunciando l’arrivo del bonifico Inps.

IO sarà l’app di IT Wallet. Su di essa si potranno aggiungere i documenti personali, ritenuti validi a tutti gli effetti. Si comincerà il 23 ottobre, con 50mila cittadini-pionieri, poi entro il 6 novembre diventeranno 250mila, il 20 novembre si raggiungerà il primo milione e il 4 dicembre tutti avremo il nostro Wallet... Volendo, e sempre che tutto vada bene. I cittadini coinvolti nelle prime fasi sperimentali saranno avvisati da un messaggio.

Si comincerà con la patente e la tessera sanitaria (che contiene anche il codice fiscale), ma anche con la Carta europea della disabilità, in modo da favorire i cittadini più deboli. Poi si proseguirà con passaporto, certificato di nascita e altri documenti personali. Tutto nell’IO dello smartphone. Si potranno aggiungere, in futuro, oltre ai certificati anagrafici quali residenza e matrimonio, la tessera elettorale, la firma digitale, il fascicolo sanitario, abbonamenti di trasporto... I servizi di pagamento già ci sono.

All’applicazione destinata a contenere ogni nostro elemento identificativo si può accedere con la Cie. E con lo Spid, perché il vecchio sistema pubblico di identità digitale, che per una serie di passaggi successivi era stato affidato ad una dozzina di piattaforme quasi totalmente private resterà in vigore almeno per altri 24 mesi, e forse di più. Il doppio binario dovrebbe garantire continuità con quanto finora fatto e potenziare il nodo fondamentale della questione, quello della sicurezza, che significa dare certezza riguardo alla persona che presenta i documenti e sull’autenticità dei documenti stessi.

Un bel risultato quello che si vuole (si promette) di raggiungere, in anticipo sulle indicazioni dell’Unione Europea, che aveva posto come traguardo il 2026.

Fin qui, gli aspetti positivi che accompagnano la praticità dello strumento. Tutto in un click, si sarebbe detto una volta. Tutto in uno guardo o in un’imposizione del pollice. Sempre a portata di mano, perché ormai milioni di italiani uscirebbero nudi piuttosto che senza il telefonino. Ma il risultato richiede partecipazione e buona predisposizione del cittadino, che deve scaricare, accreditarsi, iscriversi, ottenere comunque i documenti dagli uffici, per non parlare delle password da tenere a mente, proteggere, aggiornare... Gli strumenti digitali restano non facili da usare ancora per molti.

Si sta esagerando? Un altro dato fa intendere che non è così. Molti infatti corrono avanti a testa bassa. Avanguardisti della tecnologica, verrebbe da dire. L’ultima frontiera di questa avanzata è lo Smart Ring. Sono gli anelli «furbi» – si fa per dire – che stanno conquistando il mercato dei cosiddetti «dispositivi indossabili». Sono anelli che vibrando comunicano a chi li porta se sta arrivando una telefonata, un messaggio, una notifica, oltre a controllare sonno, calorie consumate e altri dati personali. Sono più agevoli degli smartwatch, anche se non hanno un video. Nei primi sei mesi dell’anno di dispositivi indossabili ne sono stati venduti nel mondo oltre 113 milioni, nel 2023 il giro d’affari è stato di oltre 51 miliardi di dollari. Abbiamo doppiato il giro di boa di una nuova antropotecnologia.

Chi si lamenta dell’invadenza dell’innovazione digitale può sempre considerare che un numero impressionante di suoi simili è disposto ad essere perennemente collegato (legato) alla Rete (vera catena) con un anello.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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