L’intelligenza artificiale entra in casa per la riabilitazione neurologica

Il mondo intero sta provando ad affrontare le tante criticità, sui piani economico, giuridico ed etico, legate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. I timori ad essa legati fanno però a volte perdere di vista il grande apporto che questa tecnologia può fornire in diversi ambiti del vivere umano, anche quando si parla di salute delle persone.
E proprio in questo settore l’Università degli Studi di Brescia sta partecipando a un progetto nazionale, insieme all’Università Magna Grecia di Catanzaro e alle aziende Istituto Sant’Anna di Ezio Pugliese di Crotone (capofila), Khymeia di Padova e Relatech di Milano, denominato In-Moto.
A domicilio
Acronimo di Intelligenza artificiale, neuroimmagini e home device per una riabilitazione cognitiva e motoria domiciliare innovativa in pazienti con danno neurologico, «si pone l’obiettivo di assistere a domicilio i pazienti che necessitano di riabilitazione - spiega il professore Alberto Borboni, referente per l’UniBs che collabora con il Dipartimento il Ingegneria meccanica e industriale -, evitando di modificare il più possibile il contesto familiare in cui vivono ma al contempo “sanitarizzando” l’ambiente casa, anche per permettere anche ai familiari di non concentrarsi solo sui pazienti».
Il valore totale di In-Moto si aggira attorno ai 7,2 milioni di euro, dei quali 5 per attività di ricerca e 2,2 per lo sviluppo industriale. Dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy arriveranno 4,4 milioni (3,5 a fondo perduto), tramite lo strumento dell’Accordo per l’innovazione. E nell’ambito della ricerca si inserisce il ruolo dell’ateneo bresciano, che dal dicastero riceverà 911 mila euro.«I due obiettivi sono assistenza e riabilitazione, da raggiungere contemporaneamente mentre il paziente compie le sue attività quotidiane - spiega Borboni -. Questo avverrà attraverso dei dispositivi "assistivi", dove uno, una sorta di deambulatore, permette di muoversi, l’altro invece, un sopra sedia intelligente, aiuta mentre la persona è seduta in condizione sicura, garantendo terapia neurocognitiva con giochi intelligenti ma anche neuromotoria».
Ricerca
Qui si inserisce lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che permette ai macchinari di adattarsi al soggetto che li utilizza e contemporaneamente elabora i dati che vengono inviati al terapista. «Questa metodologia permette il trattamento di soggetti anche in territori dove l’accesso a presidi ospedalieri è difficoltoso, problema che interessa anche parte del territorio Bresciano - evidenzia il docente -. Il progetto durerà 36 mesi e siamo convinti che entro questo periodo arriveremo sul mercato. Le istituzioni sanitarie però devono affiancarci perché se il prodotto non viene da loro assimilato non potrà essere utilizzato».
Ecco quindi che un dialogo è stato aperto con le aziende sanitarie, in special modo lombarde, e persino con l’assessorato regionale competente, per una partnership virtuosa tra università e aziende private, coniugando ricerca e applicazione industriale, che può trovare pieno riconoscimento nei soggetti pubblici e in quelli ospedalieri.
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