I socialdemocratici europei cercano una nuova primavera del riformismo

Alla costante ricerca di un’identità, per il partito socialista europeo le prossime elezioni continentali hanno una portata esistenziale. Il gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici (S&D) sarà numericamente il secondo a Strasburgo alle spalle dei Popolari con circa 140 eletti; nonostante le speculazioni degli ultimi mesi e l’odierno clima da campagna elettorale, la prospettiva è quella di una maggioranza in formato grande coalizione sull’impronta di quella attuale con Ppe e liberali.
Sovranisti e nazionalisti in combutta con la parte più conservatrice dei Popolari hanno accarezzato (e tuttora proseguono) l’idea di una nuova maggioranza destra-centro dopo il voto di giugno. Resterà un sogno irrealizzabile viste le proiezioni
. Socialisti e popolari si troveranno alleati per forza dando vita ad una nuova grande coalizione. Ma all’orizzonte resta aperta la vera sfida: come le forze politiche socialdemocratiche possano essere al passo con tempi in cui vanno difesi diritti politici e civili (e dei lavoratori) tenendo conto che l’arretramento dei partiti socialisti in Europa è stato spesso a vantaggio di forze populiste che hanno convinto politicamente fasce deboli della società.
Gli esperimenti politici finora messi in campo per sfidare i populisti con i loro stessi cavalli di battaglia hanno dato risultati controversi. Ad esempio in Danimarca la premier socialdemocratica Mette Frederiksen (che oggi è anche tra i potenziali successori di Stoltenberg alla Nato) ha vinto le elezioni anche mutuando il programma sui migranti promosso dagli alleati di Salvini del Dansk Folkeparti.
Leadership
I socialisti europei sono oggi anche alla ricerca di un leader. Non può di certo essere lo spitzenkandidat indicato a inizio marzo al congresso di Roma, quello che è ufficialmente lo sfidante della von der Leyen. In effetti il lussemburghese Nicolas Schmit è forse il meno conosciuto tra gli attuali componenti della Commissione europea, dove detiene la delega per Lavoro e Affari sociali. Si dice che il Pse lo abbia scelto perché già si pensa ad un altro degli incarichi di vertice in Europa; magari la presidenza del Parlamento.
Oggi forse l’unico vero leader continentale è lo spagnolo Pedro Sanchez la cui machiavelliana abilità politica è paragonabile solo ad un suo ex compagno di partito europeo, ovvero Matteo Renzi. Alla guida dello Psoe Sanchez è riuscito nell’ordine: a guidare un governo di minoranza al tempo di Rajoy, vincere le elezioni e andare al potere con gli indignados di Podemos (la cui esperienza politica pare giunta al termine).
Attualmente per non avendo vinto le ultime elezioni è al governo grazie ad un accordo rocambolesco con i secessionisti catalani di Puigdemont. In questi anni ha poi ottenuto che Josep Borrell fosse l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, che Iratxe García Pérez fosse la capodelegazione S&D al Parlamento Ue e ha mandato dal primo gennaio Nadia Calvino alla guida della Bei superando la concorrenza dell’italiano Franco e della danese Vestager. Insomma un matador sicuramente più carismatico del cancelliere socialdemocratico Scholz.
Le delegazioni
Non è dunque un caso che nel prossimo Parlamento europeo la pattuglia più numerosa dovrebbe essere quella del Psoe con 19 eletti, seguita dal Pd oggi accreditato del 20% e di 17 eurodeputati; mentre la l’Spd dovrebbe contribuire con solo 16 rappresentanti. Il dato strettamente numerico si intreccia con quello politico: secondo gli ultimi sondaggi i socialisti sono il primo partito in Danimarca, in Svezia e in Lituania.
Lo sarebbero anche in Slovacchia se lo Smer del premier Robert Fico e Hlas del presidente del Parlamento Peter Pellegrini non fossero stati sospesi per le loro posizioni filorusse e contro lo stato di diritto.
Più in generale i socialisti oggi sono al governo in 8 Stati membri dell’Unione, ma con la profonda crisi che sta vivendo l’esecutivo tedesco a trazione socialdemocratica molti interrogativi restano aperti sulla direzione da prendere. Da un lato c’è il modello dei nuovi socialisti francesi che sono risorti fondendo i valori riformisti a quelli ecologisti (il Ps è accreditato del 12% e 11 eurodeputati): un percorso che anche Schlein potrebbe provare a percorrere, mentre in Spagna è già stato consolidato.
Vi è poi un modello scandinavo di cui sono interpreti la danese Frederiksen e la svedese Andersson: mix tra rigore economico e riformismo pragmatico ma che è anche profondamente
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