Il valore reale dei salari resta inferiore dell’8,8% a quello del 2021

Le retribuzioni nel 2025 cresceranno più dell’inflazione ma per recuperare il potere d’acquisto perso con la crescita dei prezzi registrata dopo la pandemia ci vorrà ancora molto tempo. Secondo il Report dell’Istat sulle prospettive dell’economia italiana a settembre i salari reali erano ancora di 8,8 punti inferiori a quelli di gennaio 2021. A fine anno è previsto che la crescita delle retribuzioni monetarie sia del 2,9%, superiore alla crescita dei prezzi (1,6% l’inflazione acquisita per l’anno) ma la perdita reale è ancora significativa.
Il Rapporto
E lo rileva anche il Rapporto appena pubblicato dalla Fondazione Di Vittorio secondo il quale tra il 2021 e il 2024 i salari medi del settore privato hanno perso nel complesso quasi 6.400 euro di potere d’acquisto mentre quelli del settore pubblico sono ancora indietro di 5.700 euro. E se i salari arrancano il mercato del lavoro è vivace, con una crescita dell’occupazione in termini di unità di lavoro (Ula) che nel 2025, secondo il Report Istat, sarà pari all’1,3%, più che doppio rispetto all’aumento del Pil (0,5%).
Gli over 50
Un dato che risente della convenienza del lavoro per le imprese e della necessità per le famiglie a fronte della riduzione del potere di acquisto dell’impegno di più componenti della famiglia, ma soprattutto della stretta sull’accesso alla pensione con il prolungamento della permanenza al lavoro delle classi più anziane. Secondo il Rapporto appena presentato dal Censis l’incremento di 833.000 occupati registrato nel biennio 2023-2024 è dovuto prevalentemente alle persone con 50 anni e oltre, questi sono stati 704.000 (ovvero l’84,5% di tutta la nuova occupazione). Dato questo che risente della stretta sul pensionamento anticipato e dell’andamento demografico con il passaggio nell’età più matura dei nati negli anni Settanta.
Il segretario Cgil
«Siamo dentro a una vera e propria emergenza salariale –, ha avvertito il numero uno della Cgil, Maurizio Landini –, aumentare i salari non è solo un elemento di tutela dei lavoratori e del loro potere d’acquisto, ma in realtà è anche una serie di politiche economiche e industriali per far crescere il nostro Paese. E in questa direzione c’è sicuramente il tema della contrattazione, quindi del ruolo dei contratti nazionali ma anche del rapporto tra i due livelli di contrattazione che nel nostro Paese esistono. C’è bisogno di andare verso un sostegno legislativo al salario e alla contrattazione».
Il quadro
Nel quadro caratterizzato da una domanda di lavoro ancora vivace, scrive l’Istat, «le retribuzioni lorde pro capite hanno continuato a mantenere una dinamica positiva nei primi tre trimestri dell’anno, pur se in rallentamento su base tendenziale. Nel quarto trimestre ci si attende una variazione congiunturale meno dinamica rispetto al trimestre precedente; il 2025 chiuderebbe con una crescita delle retribuzioni pro capite del 2,9%, consentendo come nel 2024 un recupero rispetto all’inflazione. Nel 2026 la crescita delle retribuzioni pro capite è attesa, in media d’anno, in leggera decelerazione (+2,4%), riducendo i margini di recupero del potere d’acquisto perso nel biennio 2022-2023».
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