Urso: «Aperto un tavolo con Stellantis per sostenere la filiera auto in Italia»
«Lo scorso anno in Italia sono state prodotte meno di 450mila autovetture. Troppo poche per sostenere la filiera dell’automotive. Abbiamo aperto un tavolo con Stellantis: l’obiettivo è un accordo sulla transizione in Italia; per programmare e sostenere la riconversione delle imprese e nel contempo aumentare la produzione nel nostro Paese». Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso - ieri in visita al nostro giornale, a margine della campagna elettorale per la corsa alla Loggia - la partita automotive in Europa è tutt’altro che chiusa. «Siamo impegnati affinchè la transizione ecologica non sia esclusivamente l’ideologia del motore elettrico: vogliamo una transizione sostenibile anche per il sistema produttivo e sociale».
Ma Bruxelles non sembra arretrare su questo fronte.
«Una vittoria l’abbiamo ottenuta: il motore endotermico resterà in vita. Continueremo la battaglia, perchè oltre al combustibile sintetico bisogna considerare l’alimentazione con il biocombustibile e l’idrogeno. Peraltro questo concetto è stato sottoscritto nel documento finale dell’ultimo G7 di Tokyo».
L’Europa misura l’impronta ecologica solo dal «tubo di scappamento».
Quale è la strategia del Governo: si torna a scavare in Italia?
«La Commissione sta approntando un regolamento ed ha stilato un elenco di 34 materie prime critiche di cui ha bisogno l’Europa per la transizone ecologica, l’Italia ne dispone 15. E si appresta a chiederci di aprire le miniere che abbiano chiuso 30 anni fa perchè non erano sostenibili sotto il profilo dell’impatto ambientale. È facile fare gli snob quando il Cobalto viene estratto in Congo e nel Cile e lavorato in Cina con il lavoro minorile e in spregio all’ambiente. Dovremo spiegare che per fare l’auto elettrica bisogna riaprire i giacimenti in Italia che oggi si trovano nei parchi ambientali dell’arco alpino. Serve un’assunzione di responsabilità collettiva».
Come intendete muovervi?
«La strategia è duplice: sostenere la transizione ecologica rendendola compatibile con il nostro sistema industriale, consentendo i motori endotermici anche dopo il 2035; incentivare il passaggio all’elettrico con un piano forte di Stellantis. Allo stesso tempo non escludiamo di favorire l’arrivo di un nuovo produttore di auto nel nostro Paese».
Gli incentivi sull’acquisto delle auto cambieranno?
«È allo studio un nuovo massiccio piano di rottamazione che sia sostenibile e che vada a eliminare il parco auto Euro 1-2-3 che ancora fortemente presente in Italia».
Come sostenere le filiere?
«La nuova legge sul Made in Italy, che andrà in Consiglio dei ministri giovedì 18 maggio, istituirà un fondo sovrano per rafforzare le filiere fin dall’approvvigionamento delle materie. Non solo avrà asset molto specifici a supporto dell’eccellenza anche attraverso il liceo del made in Italy e la formazione delle competenze necessarie per l’economia digitale e il lavoro manuale. Non è tutto, presto vareremo un piano nazionale sulla microelettronica: l’Europa sta varando il Chips act, noi giochiamo d’anticipo con il Chips act italiano con cui puntiamo a rendere l’Italia attrattiva per gli investimenti in digitale».
Entro il 2024 bisogna decidere se rinnovare il memorandum con la Cina, la cosiddetta «Via della seta». Quale è la posizione del Governo?
«Dobbiamo capire che il mondo è cambiato. Una cosa sono gli alleati, con i quali condividiamo gli stessi valori; altra cosa sono i partner, con cui possiamo sviluppare accordi commerciali. Quindi porte aperte ai cinesi che decidono di investire nella produzione di auto o batterie in Italia. Ma se si tratta di un settore ad alta tecnologia, bisogna tutelare la nostra sicurezza nazionale ed è possibile arrivare a mettere un divieto».
La produzione bresciana vede una crescita del 2,4% sulla scia del Pil italiano. Pochi forse se lo aspettavano.
«L’Italia è stata un po’ la sorpresa nel panorama europeo. Tutti prevedevano l’ingresso del nostro Paese in recessione. Ad essere in crisi è ora invece la Germania».
Perchè?
«Perchè il nostro sistema produttivo è fatto di piccole e medie imprese d’eccellenza, la cui forza è rappresentata dalla qualità, dal made in Italy. Noi oggi esportiamo e cresciamo in mercati importanti e che crescono, mentre i tedeschi esportano in Cina, mercato che si è chiuso. I nuovi assetti globali ci hanno per certi versi favorito. Quella che in passato veniva definita una anomalia, l’ecosistema delle piccole e medie imprese, sta diventando un punto di forza».
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