Economia

Tre aziende agricole bresciane su dieci guidate da donne

Nel settore green sono 233mila le occupate, ma c'è un potenziale ancora inespresso per superare il gender pay gap
Resta ancora profondo il gap tra il salario degli uomini e quello delle donne
Resta ancora profondo il gap tra il salario degli uomini e quello delle donne
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Superare il gender pay gap, cioè il divario retributivo che penalizza le donne e rappresenta una piaga del mondo del lavoro. È questo il senso della legge recentemente approvata - all’unanimità - alla Camera e che ora deve passare l’esame del Senato. Un aspetto del testo che viene reputato particolarmente importante è l’istituzione della «certificazione della parità di genere» con premialità, per attestare le misure dei datori di lavoro per ridurre il divario di genere su opportunità di crescita in azienda, parità salariale, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità. Il ruolo della donna in agricoltura è - comunque - all’attenzione di tutte le organizzazioni sindacali già da tempo.

Nella provincia bresciana ormai tre aziende su dieci è condotta da una donna: soprattutto tanti agriturismi e aziende vitivinicole. Ma non solo. Perché c’è anche chi produce latte e carne (suini, bovini e avicoli) e chi l’ortofrutta nonché chi conduce vivai e aziende florovivaiste.

Si può dire che la multifunzionalità dell’agricoltura è un concetto a vocazione femminile nelle aziende agricole bresciane. Secondo il rapporto di Istat presentato lo scorso giugno in Italia nel 2020 sono 233mila le donne occupate nel settore agricoltura, ovvero circa il 25,6% dell’occupazione del settore. Si tratta del 2,4% del totale delle donne occupate (il 13,4% è occupato nell’industria e l’84,2% nei servizi). I dati definitivi si avranno solo a dicembre 2022 quando termineranno i lavori del 7° Censimento generale dell’agricoltura, ora in corso, che consentirà di disporre di informazioni fino al dettaglio comunale. In occasione della Giornata internazionale dedicata alle donne rurali che si celebra il 15 ottobre, l’Italia si presenta con 207mila imprenditrici agricole, pari al 31% dell’intero panorama nazionale.

Dati incoraggianti che fanno comprendere l'ampiezza del potenziale ancora inespresso del mondo imprenditoriale femminile nel settore primario. Anche perché in agricoltura lo spazio per nuove imprese femminili c’è, ma restano da sciogliere alcuni nodi come l'applicazione dei sostegni economici previsti dal Fondo Impresa Donna per erogare contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e per attività di orientamento imprenditoriale e assistenza tecnico-manageriale. Il ruolo della donna nel settore primario, come imprenditrice, è strettamente legato alla multifunzionalità dell'impresa agricola che coniuga, cioè, la produzione alimentare con welfare, tutela del paesaggio e salvaguardia della biodiversità. Questo le pone in prima linea di fronte ai cambiamenti in atto: dalle sfide della transizione verde, alla risposta alla terribile crisi pandemica.

Ecco perché a tutela della categoria delle donne in agricoltura c'è da una parte Coldiretti Donna Impresa e anche Confagricoltura Donna. Da qui in avanti sarebbe anche importante promuovere l’accesso ai nuovi strumenti digitali anche per le iniziative imprenditoriali agricole al femminile operanti nel settore primario proprio per favore la multifunzionalità dell’agricoltura.

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