«Tra Brescia e l’Europa c’è ancora una distanza da dover colmare»

A Bruxelles «ci sono tantissimi soldi che aspettano le aziende, anche quelle bresciane. Il problema è che queste o non sono capaci o fanno un'enorme fatica a intercettare le opportunità. Ecco perché è fondamentale imparare a navigare nel mare comunitario».
Luigi Ferrata, managing partner di Rud Pedersen, uno dei principali attori europei del Public affairs con 19 sedi sparse nelle capitali continentali, sotto questo punto di vista non ha alcun tipo di dubbio: l’Italia e Brescia possono crescere enormemente se imparano a dialogare con il cuore delle istituzioni Ue. A dirlo è un professionista nato a Brescia, residente a Monte Isola ma diviso lavorativamente tra Bruxelles e Roma.
Nella Città eterna
E proprio nella Città eterna Rud Pedersen (il quartier generale è a Stoccolma in Svezia ma l’ufficio principale è a Bruxelles) ha da sei mesi attivato la sua prima sede italiana, «segno tangibile che è possibile, oltre che centrale, costruire un ponte comunicativo forte con l’Europa». Il nostro territorio in questo senso ha già mosso diversi passi ma per Ferrata, che a latere della sua professione fa parte anche dell’Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) e dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), tanto ancora c’è da fare.
«Il prodotto interno lordo provinciale parla da solo, lo stesso dicasi della caratura sociale e culturale, con Brescia che nel 2023 è stata Capitale italiana della Cultura – evidenza –. Alla luce di ciò è possibile che nessuno abbia mai avuto l’idea di invitare un commissario europeo a visitare il territorio? Credo che ciò sia sintomatico di quanto Bruxelles sia tutt’ora percepita distante».
«Ingaggiare»
Il termine che più volte emerge parlando con Ferrata è perciò «ingaggiare», intendendo con ciò la capacità di dialogare, «nei tempi e nei modi giusti con i decisori, per avere vantaggi da un punto di vista legislativo e regolatorio». È la famosa attività di lobbying «che può portare benefici concreti – evidenzia il manager bresciano –. Si prenda il caso di un nostro cliente, un’azienda da circa 50 milioni di euro di fatturato che produce un determinato tipo di fibra. Quando c’è stato da rivedere la direttiva che la interessava direttamente è riuscita, grazie al nostro supporto, a far inserire il suo prodotto tra quelli previsti dalla normativa». Un risultato di grande rilievo «raggiunto da una realtà di dimensioni ridotte e che inizialmente vedeva l’Ue come irraggiungibile».

L’errore da non commettere però è quello di pensare che l’attività di lobbying debba poggiare tutta «sugli europarlamentari di zona – rimarca Ferrata –. A differenza delle società che svolgono professionalmente questa attività, i politici, per quanto bene possano svolgere il loro lavoro, non riescono a mettere insieme le stesse competenze tecniche e relazionali».
Sulla diffidenza diffusa che ancora aleggia attorno al lobbismo il manager sgombra il campo da ogni dubbio, «perché in ultima analisi ciò che davvero crea problemi non è la lecita attività del portare avanti i bisogni di questa o questa realtà, bensì i conflitti di interesse. Questi sono però ineliminabili e per superare l’idea negativa del lobbying non serve ulteriore regolamentazione, già presenti tra l’altro in Europa, ma la creazione di una società civile che, come un cane da guardia, metta ai margini del mercato e delle trattative chi non rispetta i principi etici».
Prospettive
E all’inizio di una nuova legislatura a guida Ursula von der Leyen, con l’avvio parimenti della nuova programmazione della politica di coesione 2028-2034, tante sono le partite che interessano direttamente il Bresciano e l’Italia: «I temi del Green Deal, quindi della transizione sostenibile ed energetica, saranno ancora centrali. Grande attenzione però deve essere posta anche sul mondo del digitale, dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale – spiega Ferrata –. Quest’ultima in particolare avrà enormi impatti anche sull’industria. Ecco perché la manifattura deve aggiornarsi sia sul piano ambientale sia su quello tecnologico». Infine temi di primaria importanza saranno «quello commerciale, con tutta la questione dei dazi sulla quale anche Brescia può ottenere molto, la Difesa e i servizi finanziari».
Infine c’è ovviamente l’automotive, «dove l’atteggiamento passivo delle aziende rischia di far semplicemente subire le decisioni - conclude -. Penso però che le aziende bresciane abbiano tutte le carte in regola per riuscire a interagire con Bruxelles».
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