Economia

Esserci per non rincorrere: le leggi Ue e l’attività di lobbying

L’iter normativo è diverso nei tempi da quello italiano, centrale perciò il ruolo della delegazione di Regione Lombardia a Bruxelles
Le bandiere lombarda, italiana ed europea - © www.giornaledibrescia.it
Le bandiere lombarda, italiana ed europea - © www.giornaledibrescia.it
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Anche il tempo è relativo, a seconda che lo si guardi dall’Italia o da Bruxelles. Quando si parla di Europa sfugge spesso infatti che ciò che per la legislazione italiana è il futuro per quella continentale è invece già il passato.

«È praticamente all’inizio la programmazione della politica di coesione 2021-2027, con l’avvio ritardato dal Covid, e già possiamo dire che siamo battute finali per l’impostazione di quella 2028-2034 – racconta un funzionario che lavora nel città centro nevralgico dell’Ue –. Il meccanismo legislativo europeo è infatti completamente diverso da quelli nazionali».

Si prenda per esempio ogni proposta che arriva dalla Commissione al Consiglio dell’Unione europea e al Parlamento continentale: «Il testo è frutto di un lavoro precedente a volte lungo anni e, una volta uscito dagli uffici della Commissione, può solamente essere emendato – aggiunge –. Quando ci si relaziona alle istituzioni Ue bisogna perciò cambiare prospettiva, soprattutto dal punto di vista temporale». Anche perché, altra grande differenza con il sistema italiano, se un provvedimento non è arrivato alla fine del processo legislativo quando un esecutivo termina, questo non riparte da capo ma riprende da dove si era fermato.

Prevenire

Ecco perché l’attività di lobbying, normata in Europa, risulta fondamentale negli anni precedenti all’uscita delle leggi, nel momento della costruzione del testo. Si vedano in questo senso gli effetti, ancora tutti da quantificare, dell’inerzia sul tema dell’automotive e dello stop dal 2035 ai motori endotermici, con i governi e le associazioni di categoria di tutto il continente che non hanno visto arrivare la stangata e ora corrono ai ripari.

Prevenire e non curare perciò. Questo è quello che potrebbe essere definito anche il «core business» della Delegazione di Bruxelles di Regione Lombardia, una struttura permanente con sede nella capitale belga creata all’inizio degli anni 2000, a seguito della riforma del TitoloV della Costituzione, per portare sui tavoli decisori le istanze del territorio.

Nella sede di Place du Champ De Mars lavorano attualmente a tempo pieno otto persone, un numero di certo ancora molto limitato se si pensa che regioni simili per importanza economica alla Lombardia come Baviera o Baden-Württemberg hanno ciascuna circa 40 rappresentanti.

L’attività

Nonostante i numeri ridotti però la Delegazione è molto attiva, sia sul fronte lobbying sia sotto il profilo della promozione della conoscenza delle istituzioni Ue in Lombardia. In quest’ultimo senso è di grande rilevanza la messa a disposizione di spazi fisici per le realtà del territorio che si relazionano con Bruxelles, da Anci alle università da Confindustria a Confapi.

Sul fronte lobbying invece un importante lavoro è stato fatto sulla direttiva sulla qualità dell’aria, con un emendamento che porta proprio il nome di «Lombardia». Ora, ex post, la sfida è far rimodulare alcune delle componenti più radiali del Green Deal.

Molto importante in questo senso sarà la riunione che, martedì 8 ottobre, vedrà coinvolti i Quattro motori per l’Europa (Lombardia, Baden-Württemberg, Catalogna, e Rodano-Alpi). L’appuntamento, al quale presenzierà anche il sottosegretario regionale alle relazioni internazionali e con l’Ue Raffaele Cattaneo, sarà l’occasione per parlare di mobilità, comunicazioni digitali e percorsi virtuali, con un focus specifico sull’intelligenza artificiale e sulle esigenze in termini di competenze che stanno nascendo.

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