Siderurgia, focus su logistica e green: «L’Ue faccia la sua parte»

La Brescia che produce acciaio è esperta e capace di innovare. In più sulla strada delle produzioni sostenibili, con forno elettrico, è l’avanguardia dei produttori europei, davanti anche ai tedeschi, e il mercato europeo richiederà sempre più acciaio «verde», quello ottenuto senza emissioni di CO2.
A rendere chiaro scuro il futuro delle acciaierie però oggi sono i costi altissimi di gas e energia elettrica, come anche la concorrenza dei colossi asiatici della siderurgia, con la Cina in testa a tutti, pronta a invadere il mercato Ue con il suo surplus produttivo di 150 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, che i dazi americani probabilmente rimbalzeranno dal loro mercato ma la cui caduta potrebbe finire proprio sul nostro.
Dei problemi e delle opportunità della siderurgia bresciana, italiana e mondiale si è parlato ieri, da mattina a sera, al Museo del ferro cittadino di via del Manestro, al quartiere San Bartolomeo, dove la Fondazione Musil ha organizzato «Una storia d’acciaio: prima e dopo la colata continua a Brescia», un evento che ha visto la presenza di tanti ospiti qualificati, coordinato dal presidente Francesco Fontana.
Il dibattito

A entrare nel vivo dell’attualità sono stati anche gli ospiti della tavola rotonda conclusiva «La siderurgia in Italia e in Europa: situazione attuale e prospettive», animata dal dirigente del gruppo Feralpi Giovanni Pasini, dall’esperto di Siderweb Gianfranco Tosini, e dal segretario della Cgil bresciana Francesco Bertoli.
Per Pasini: «Oggi sul tavolo ci sono due problemi principali, uno economico, legato in buona parte a una logistica svantaggiosa che coinvolge il nostro Paese, e la sostenibilità, che richiederà nuovi investimenti per arrivare a produzioni ottenute con zero emissioni di CO2 entro il 2050».
Per gli investimenti fatti fino a questo momento il dirigente di Feralpi ha criticato l’Unione Europea, «che non promuove i prodotti decarbonizzati sul nostro mercato e fino a questo momento non ha creato alcun incentivo, un non-senso viste le premesse e la direzione che si sta imboccando». D’altro canto invece Pasini ha ricordato come «perdere le produzioni d’acciaio per l’Europa sarebbe un vero problema» e ha auspicato «la rapida approvazione della nuova normativa sulla salvaguardia delle produzioni interne, destinata a ridurre del 45% - da 33-34 a 18 milioni di tonnellate annue - l’acciaio in entrata».
Dopo di lui il segretario della Camera del lavoro Francesco Bertoli ha evidenziato come l’impegno della sua confederazione sindacale sia «soprattutto di prospettiva, perché il mondo va avanti velocemente, e su temi come l’avvento dell’auto elettrica converrebbe percorrere la strada con decisione, per evitare di essere fatti fuori dal mercato che conta». Non è mancato nemmeno un passaggio sulla questione Iveco, a Brescia molto sentito: «Non è più italiana da anni e da anni non viene più fatto un investimento serio. Avanti di questo passo? Si chiude. Vista la situazione, non sarei così sicuro che l’arrivo degli indiani sia una disgrazia».
Punti deboli
«Brescia ha punti forti e qualche punto debole – ha osservato l’esperto di Siderweb Gianfranco Tosini –. I punti forti sono l’esperienza e la tecnologia, quelli deboli i prezzi non competitivi dell’energia. Questo ha portato, per esempio, a costi maggiori dal 2022 all’inizio di quest’anno per le produzioni con forno elettrico rispetto all'alto forno, e per Brescia è stato un salasso. Il futuro per il forno elettrico comunque rimane una scommessa. Perché? Dipende dal rottame, e si rischia nei prossimi anni di non trovarne di qualità, e poi può essere sostituito con il pre-ridotto ma quello si realizza usando gas, e noi paghiamo il gas troppo».
E il mondo? «La Cina produce molto ma ha una redditività a -1%. Il Giappone ha redditività al 5% e sta lavorando per entrare massicciamente negli acciai speciali. La Corea del sud sta andando verso gli acciai più avanzati, studiano resine e ceramiche che li compongono. Il Vietnam sta pensando di esportare in Europa e punta su produzioni sostenibili. La Germania raggiunge le 35 milioni di tonnellate annue, ma la attendono nuovi investimenti per diventare sostenibile».
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