Doppi dazi Usa, stangata silenziosa sulla manifattura bresciana

Una stangata, passata sotto silenzio, che arriva dritta al cuore della manifattura bresciana. L’elenco dei prodotti colpiti dalla «doppia gabbia tariffaria» Usa è lunghissimo: si va dai motori elettrici, agli organi di trasmissione; dalle pompe, agli utensili da ferramenta; dagli apparecchi per l’illuminazione, alle cisterne e ai serbatoi; senza dimenticare il vasto comparto dei casalinghi con pentole e posate. Un universo di eccellenze che nel 2024 ha rappresentato una quota di export negli Stati Uniti che ha superato 1,1 miliardi di euro.
«Ci avevano venduto un accordo al 15%, ma i dazi reali per la meccanica sono decisamente più alti», tuona il presidente di Anima Confindustria, il bresciano Pietro Almici.
I 407 codici tariffari
La scure di Trump si è abbattuta sul settore lo scorso 19 agosto quando l’amministrazione statunitense ha pubblicato l’elenco dei prodotti soggetti al doppio dazio, con l’aggiunta di 407 nuovi codici doganali sottoposti da un lato al dazio negoziato in sede europea, pari al 15% sul prodotto finito e dall’altro a quello sulle materie prime, con un’aliquota del 50% su acciaio, alluminio e rame. In pratica, il macchinario, l’utensile, la caldaia, il quadro elettrico che incorpora parti metalliche dovrà sottostare ad una tariffa molto più alta, che può arrivare in alcuni casi anche al 40%.
«L’impatto sarà significativo non solo per l’aumento del prezzo per l’acquirente americano - spiega Almici -, ma c’è anche una difficoltà oggettiva da parte delle nostre aziende a calcolare il valore reale finale dei dazi. Governo e istituzioni europee sembrano silenti di fronte a tale questione. Se analizziamo i 407 codici doganali, possiamo facilmente osservare come i diversi comparti di Anima Confindustria sono stati colpiti ad arte: vogliono danneggiare le eccellenze produttive e la nostra competitività».
La richiesta
Non ci sono dati precisi sulle possibili perdite, ma molte imprese bresciane hanno fermato le esportazioni negli Stati Uniti. Il presidente Almici va oltre e ricorda al Governo e all’Europa come «la meccanica non riguarda solo l’automotive, ma include una moltitudine di comparti che rappresentano il Made in Italy nel mondo». «Chiediamo al Governo di prendere in considerazione il rischio che queste misure possono comportare per i nostri comparti e intervengano in maniera decisa nei confronti delle istituzioni europee che stanno completamente ignorando il problema».

Insomma, con il passare delle settimane, l’accordo sui dazi siglato dall’Europa – che prevede l’azzeramento delle tariffe d’ingresso per i prodotti industriali americani – si sta rivelando un boomerang, capace di mettere a rischio la manifattura del Vecchio Continente, le sue tecnologie e quel know-how invidiato in tutto il mondo.
Il fattore dollaro
A complicare questo scenario si aggiunge il cambio euro-dollaro: se a inizio anno la valuta americana era vicina alla parità con l’euro, oggi il rapporto si è spostato a 1,17, rendendo i prodotti europei meno competitivi sul mercato statunitense.
Grande preoccupazione è stata espressa anche da Giacomo Coglio, neoeletto presidente del settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia. «L’entrata in vigore dei pesanti dazi statunitensi costituiscono nuovo elemento di rottura; un danno pesantissimo per l’intera manifattura bresciana che unito al perdurare del conflitto russo-ucraino costituiscono un ulteriore fattore di indebolimento delle nostre filiere produttive».

La sidermetallurgia
Siamo lontani anni luce dalle performance economiche del 2022: da due anni la sidermetallurgia bresciana naviga in acque agitate. «I mercati di sbocco non esprimono i numeri per i quali abbiamo settato le nostre imprese - spiega il presidente Coglio -. A una domanda debole dobbiamo far fronte anche alle difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime, con l’irrisolto problema del rottame sottoposto ad attività di offshoring da parte di nostri fornitori che trovano nel Sud Est asiatico ed in generale nelle esportazioni extra UE maggiori profitti lasciando le nostre fonderie sguarnite dei miglior prodotti ma soprattutto dei giusti prezzi». Quello del rottame è un tema sottoposto più volte all’attenzione del Governo e dell’Europa, ma sul quale non c’è stata risposta.
Ma Coglio va oltre: «La nostra seconda voce di costo dopo i rottami è rappresentata da energia e gas. Entrambi sono sottoposti da tempo ad un rally sui prezzi che inasprisce ancor più i conti economici degli energivori. Qui, il divario competitivo non è con il resto del mondo, ma con i principali competitor europei i cui differenziali che vanno tra il 25 ed il 35%».
Quale soluzione? «Non possiamo andare in ordine sparso dobbiamo compattarci e fare massa critica. Non abbassare la guardia, ma, attraverso Confindustria, diventare attori protagonisti del dialogo con le istituzioni nazionali ed europee. Al di là delle oggettive asperità congiunturali che la geopolitica ci sta regalando negli ultimi tempi, ho il timore che anche a livello nazionale non siano comprese le reali difficoltà che stanno vivendo i nostri comparti produttivi».
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