Economia

Iveco, la preoccupazione delle Acli: «Temiamo ricadute sul lavoro»

La Redazione Web
Nel mirino la politica: «La sensazione che si ricava da tutto lo svolgimento della vicenda è di assenza, di non partecipazione»
La torre Iveco - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
La torre Iveco - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
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Anche le Acli bresciane esprimono «preoccupazione per la recente vendita dell’Iveco a Tata Motors, poiché temiamo pesanti ricadute occupazionali su chi lavora sia direttamente in Iveco sia sull’intero indotto».

Inoltre l’associazione esprime «perplessità verso un’operazione che qualcuno può ritenere come una strategia per aprire scenari di rilancio industriale e produttivo, ma che in generale suscita il timore di trovarsi di fronte all’ennesimo episodio di eccellenze industriali italiane cedute a multinazionali o ad aziende estere le quali, nonostante i piani di sviluppo e le garanzie di tenuta occupazionale, hanno deciso alla fine di seguire tutt’altra direzione.

Così i settori della produzione dei grandi macchinari industriali, della componentistica, dell’elettronica, delle telecomunicazioni sono stati venduti e poi sempre più ridimensionati, con multinazionali estere che avevano tutto l’interesse ad acquisire brevetti e tecnologia, conoscenze, marchi, mercati, per poi trasferire e chiudere le attività e lasciar morire produzioni concorrenti alle proprie. Il tutto con le stesse conseguenze di degrado e smantellamento di pezzi del sistema industriale».

E continua l’Acli: «Anche se i sindacati, o per lo meno alcuni di loro, si sono affrettati a far sapere che le trattative per la tutela dei siti italiani, delle competenze e dell’occupazione sono già iniziate, l’impressione è che gli stessi, ed i lavoratori in generale, non siano stati realmente coinvolti, forse nemmeno avvisati o addirittura tenuti all’oscuro di quanto stava accadendo, salvo avere notizie a giochi ormai fatti».

Stessa impressione «si ha per la “politica”, in particolare per il governo. Presumiamo (e, in un certo senso, speriamo…) che quest’ultimo fosse informato delle intenzioni e delle mosse del gruppo Exor, ma la sensazione che si ricava da tutto lo svolgimento della vicenda è di assenza, di non partecipazione, di non coinvolgimento di esecutivo, ministero, enti locali e territori, con buona pace del tanto sbandierato made in Italy, che appare sempre più come uno slogan vuoto. Chiediamo quindi ai parlamentari e ai senatori bresciani di farsi portavoce a Roma delle preoccupazioni bresciane sulla vicenda Iveco-Tata Motors.

Dal canto nostro terremo alta l’attenzione sulla vicenda e su questi temi, cercando di contribuire a scongiurare la perdita di posti di lavoro e le conseguenze sociali e ambientali (ricordiamo lo stato in cui versa l’area, nella zona di San Polo, in cui venivano prodotti i mezzi speciali) che, come corollario, i territori si trovano a dover affrontare».

La chiusura: «La gloriosa storia dell’OM-Iveco di Brescia ha per le Acli bresciane un sapore particolare, dal momento che tanti nostri dirigenti e tesserati all’OM hanno lavorato e si sono formati ed impegnati nell’azione sociale, sindacale, politica, a quella partecipazione che tanto manca oggi. In quell’ambito abbiamo avuto una presenza significativa: per citare solo un esempio, ricordiamo il convegno da noi realizzato con il “Circolo Acli OM-Iveco” (circolo- intitolato a Fausto Bianchetti) che, “già” allora, nel 2012, si chiedeva “C’è un futuro per l’Iveco di Brescia?”. Domanda quanto mai rimasta attuale e che rilanciamo a tutte le parti in causa, chiedendo una risposta chiara in particolare al governo e alla politica».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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