Lombardia, per i giovani lavoratori stipendi bassi, ansia e rinunce

Un’indagine promossa dalla Cisl Lombardia e realizzata da BiblioLavoro ha raccolto la voce di 3.571 giovani lombardi: il quadro emerso è significativo e mette in luce le loro aspettative e difficoltà nel mondo del lavoro. Ciò che chiedono non è però il posto fisso: piuttosto, dignità e rispetto, benessere mentale e crescita.
Lavoro e stipendio, equilibrio difficile
Il dato più rilevante riguarda lo stipendio medio, che si attesta a 1.576,90 euro mensili, con una disparità di genere marcata: le donne con contratto full time guadagnano il 17,9% in meno rispetto agli uomini e sono più soggette al part-time involontario, che le riguarda nel 15,3% dei casi, un dato superiore del 420% rispetto ai colleghi maschi. Il lavoro part-time, va detto, comporta una riduzione del reddito del 40%. E la laurea garantisce un aumento salariale modesto: solo del 6%.
Più della metà dei giovani non riesce a risparmiare nemmeno il 10% del proprio stipendio, e quasi tre su quattro dichiarano che il salario non copre i bisogni essenziali. Il 40% non sarebbe in grado di affrontare una spesa imprevista di 1.500 euro, e il 25,9% continua a ricevere aiuti economici dalla famiglia, con circa un quarto che vive ancora con i genitori.
Precarietà, nero e prime esperienze
Allarmante è la diffusione del lavoro sommerso: quasi uno su due (49,5%) ha avuto esperienze di lavoro nero, mentre il 41,6% presta ore di straordinario non pagate o pagate in nero. Il primo ingresso nel mercato del lavoro avviene prevalentemente con contratti a tempo determinato (33,8%) e tirocini extracurricolari (16,6%), strumenti meno tutelanti rispetto all’apprendistato (15,1%).
Il passaparola rimane la via più frequente per trovare il primo impiego (39%), seguito dal web (28,5%). Per il lavoro successivo, prevale il web (35,4%), mentre il passaparola scende al 24,3%. Il sistema pubblico fatica a essere un canale efficace, con concorsi al 5,2% e centri per l’impiego al 3,6%.
Le aspettative
I giovani vogliono un lavoro che rispetti la loro vita, non solo un impiego qualunque. L’84,8% attribuisce al lavoro un significato diverso rispetto alle generazioni precedenti, privilegiando equilibrio, benessere, salute mentale e crescita personale. Solo il 26% pensa di restare nella stessa azienda fino alla pensione, mentre quasi la metà (47,3%) sta già valutando un cambiamento. Gli aspetti più attrattivi sono lo stipendio (82%), l’equilibrio tra lavoro e tempo libero (72%), il clima aziendale (61,8%) e la possibilità di carriera (51%).
La precarietà si manifesta non solo nell’instabilità contrattuale e nel basso salario, ma anche nella mancanza di tutele e nella scarsa formazione. Molti denunciano lo sfruttamento sistemico e la flessibilità imposta, con conseguente incertezza totale sul futuro e impatto negativo sulla salute mentale, con sensazioni di sentirsi sbagliati e logorati.
Welfare, formazione e futuro
Solo il 22% degli intervistati ritiene che la propria azienda ascolti i bisogni dei dipendenti, con una conseguente inefficacia delle misure di welfare. C’è un forte gap tra desideri e disponibilità, soprattutto in flessibilità oraria, servizi per il benessere e supporto alla genitorialità. La formazione è insufficiente e spesso non coerente con le esigenze individuali e aziendali, con quasi due terzi che si sentono overeducated e il 48% che non ha mai ricevuto informazioni chiare sui diritti in materia di salute e sicurezza.
L’88% sogna di costruire una famiglia, ma il 65,9% ritiene il proprio stipendio troppo basso per realizzare questo progetto. Il 45% pensa di dover sacrificare la carriera per la famiglia, e il 22% ha subito pressioni sul lavoro per rinunciare o rimandare la genitorialità, con un’incidenza maggiore tra le donne (31,3%).
Pensione: un orizzonte incerto
Il dato allarmante riguarda la pensione: addirittura il 96% degli intervistati esprime emozioni negative pensando alla previdenza, con sentimenti di incertezza, ansia e sfiducia nel sistema. Nonostante ciò, oltre la metà circa ha aderito a un fondo di previdenza complementare.
Ciò che i giovani chiedono al sindacato è intervenire per aumentare gli stipendi (76,1%), migliorare l’organizzazione del lavoro con smart working e flessibilità (51,4%) e costruire un welfare contrattuale più aderente ai bisogni (34,1%). Un segnale positivo? Il 95,6% delle persone coinvolte nell’analisi vede nella partecipazione attiva uno strumento fondamentale per migliorare il lavoro.
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