Burnout e stress: a Brescia cresce il disagio sul lavoro
Tra grandi carichi di lavoro, ritmi serrati, straordinari che diventano... ordinari e difficoltà a conciliare gli impegni professionali con la vita privata i bresciani non si stupiscono davanti alle ricerche che vedono gli abitanti della nostra provincia a rischio burnout. Una di queste, realizzata l’anno scorso da Unobravo, piazza Brescia al decimo posto in Italia (davanti ci sono Milano, Roma, Torino, Bologna...) e al quinto in Lombarda per l’alta presenza di persone che dichiarano di avere problemi di natura psicologica legati alla sfera professionale.
I numeri
A far riflettere, a tal proposito, ci sono i dati di Confindustria Brescia: le dimissioni volontarie dal lavoro nei primi nove mesi del 2024 sono state 44.312 (in 26.085 casi con contratto a tempo indeterminato) a fronte delle 25.753 di dieci anni prima.
Ovviamente non si tratta solo di persone che hanno fatto un passo indietro perché insoddisfatte o esasperate: si spera che molti abbiano lasciato il posto per cogliere nuove opportunità, come un salto di carriera o un aumento di stipendio. Il burnout, infatti, va tenuto in considerazione come una possibile (e delicata) parte del fenomeno complessivo. Un fenomeno che si è acuito moltissimo dopo la pandemia: nel Bresciano la media delle dimissioni annue tra il 2024 e il 2019 è stata di 28.010 lavoratori, quella tra il 2021 e il 2024 è salita a quota 44.316.
Post-Covid
Conferma che «lo stress percepito dalla popolazione è elevato» il prof. Antonio Vita, direttore del dipartimento di Salute mentale e delle dipendenze dell’Asst Spedali Civili e docente dell’UniBs: «È stato così durante la pandemia, quando abbiamo registrato un aumento di ansia, depressione, insonnia, oltre che di disturbi alimentari e comportamenti autolesionistici. Ed è così anche ora, complici l’incertezza economica e il contesto internazionale che creano un’atmosfera non rassicurante. Rispetto ad altre province, però, c’è da dire che la nostra dispone di buoni contrappesi sociali: la comunità è accogliente e la condizione socio-economica generale risulta buona».
Cosa significa «bruciare»
In questo contesto si inserisce il rischio di «bruciare», «esaurire», «scoppiare» per ragioni di natura professionale. È il concetto di burnout, o meglio «stress cronico associato al lavoro». Il prof. Vita precisa che «non si tratta di una malattia: il burnout è una sindrome, ossia un insieme di sintomi che è stata riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e da alcuni anni figura nell’International Classification of Diseases (Icd)». Tradurla in numeri è difficile. Come ci confermano i sindacati il fenomeno è sottostimato: in pochi ammettono di avere un problema di questo tipo al punto da chiedere aiuto.
Lavorare tanto, dando il massimo delle energie e sacrificando vita privata e interessi, in alcuni contesti viene addirittura dato per scontato. Se poi l’organizzazione del lavoro non è chiara e le gratificazioni non arrivano è facile immaginare che non pochi lavoratori rischino di «scoppiare».
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