Il lavoro femminile a Brescia è raddoppiato dal 1951 a oggi

Elio Montanari
Settantacinque anni fa la percentuale delle donne sul totale degli occupati era solo il 21%, oggi supera il 40%
La forza lavoro nel Bresciano è composta dal 59,6% da uomini e dal 41,4% da donne
La forza lavoro nel Bresciano è composta dal 59,6% da uomini e dal 41,4% da donne
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La forza lavoro nel Bresciano è composta per il circa il 60% da uomini e per il resto (il 41,4%) da donne: la parità (anche su questo fronte) è ancora lontana. Un dato leggermente inferiore alla media regionale (42%) e abbastanza sotto Milano, che supera il 45%.

Negli anni 50’

Per analizzare questa situazione partiamo da lontano, viaggiamo nel tempo fino ai primi anni Cinquanta. Cominciamo col dire che nel 1951 partiamo maluccio: le donne attive nel Bresciano sono solo 70.801, il 21,7% sul totale della popolazione attiva con più di 10 anni, che arrivava a 326.704 unità. La metà delle donne, nel 1951, lavorava nelle industrie manifatturiere (34.885, il 31,4% del totale) con una presenza rilevante nel «commercio e servizi vari» (17.505, il 42,3% del totale), nella pubblica amministrazione (10.889, il 46,1%) e con poco più di 6 mila occupate in agricoltura, solo il 5,5% del totale, con presenze residuali in tutte le altre attività. La gran parte delle donne erano lavoratrici dipendenti nelle attività economiche non agricole con quasi 43 mila «altri dipendenti», il 29% del totale, e quasi 11 mila impiegati e dirigenti, il 40% del totale per queste mansioni. Le donne indipendenti erano poco meno di 17 mila, delle quali quasi 10 mila lavoratrici in proprio, oltre 6 mila coadiuvanti di indipendenti, di cui oltre la metà in agricoltura, e solo 336 «amministratori e liberi professionisti».

Gli anni ‘60 e ‘70

Nel corso degli anni ’50 la situazione non cambia molto e, nel 1961, le 77.595 donne attive costituiscono solo il 22,7% del totale, con una presenza maggiore nelle altre attività dei servizi (39.802, il 41,4% del totale) che superano, nel loro complesso, la presenza nelle attività industriali (34.545, 19,2%) e all’agricoltura (3.248, il 4,9%). Dieci anni dopo, nel 1971, le donne occupate aumentano e sfiorano le 92 mila unità, rappresentando il 26% del totale. L’incremento interessa in particolar modo il complesso delle attività dei servizi, dove sono 46.560, superando le 43.582 occupate, pure in crescita nelle attività industriali, mentre in agricoltura restano solo 1.570 donne, almeno ufficialmente, occupate. La quota delle donne sale al 26% del totale nelle industrie manifatture, che da sole contano quasi 164 mila occupati, ma rappresenta il 42% tra gli oltre 110 mila occupati nelle attività dei servizi.

Gli anni ‘80

Nel corso degli anni ’80 sale ancora il numero delle donne attive, che arriva a quota 132.616, delle quali oltre 127 mila occupate, che rappresenta quasi un terzo della popolazione attiva, il 32,2%. La maggior parte delle donne opera nel complesso dei servizi, oltre 71 mila, pari al 44,5% degli occupati, ma sono anche oltre 59 mila le occupate nelle attività industriali (26%) e poco più di 2 mila quelle in agricoltura (9%). Le donne sono in maggioranza lavoratrici salariate (107 mila) e, tra queste 43 mila impiegate e dirigenti, il 48% del totale, anche se 64 mila sono operaie.

Gli anni ‘90

Dieci anni dopo, nel 1991, il numero delle donne occupate sale ancora fino a superare le 149 mila unità, ma, nonostante la crescita, la quota sul totale aumenta di poco e si porta al 34,6% del totale. L’aumento dell’occupazione femminile si registra, in particolare, nel complesso delle attività dei servizi, dove si sfiorano le 88 mila occupate, il 59% dell’occupazione femminile in provincia e il 46% dell’occupazione del settore terziario. I caratteri dell’occupazione di genere prendono, quindi, forma già nel 1991, con un ruolo determinante delle attività dei servizi, anche se sono ancora quasi 59 mila le donne occupate nelle attività industriali, il 26,7% del totale del comparto. Anche nel 1991 le donne sono in maggioranza lavoratrici salariate (116 mila), mentre risultano in aumento anche le «indipendenti», oltre 33 mila, delle quali oltre 20 mila lavoratrici in proprio, 7 mila «imprenditori e liberi professionisti» e 6 mila coadiuvanti.

Il nuovo millenio

Nel 2001, le donne occupate in provincia di Brescia superano le 182 mila unità e, pur nell’ambito di un aumento generalizzato dell’occupazione, la quota di donne sul totale sale ancora e arriva al 38%. L’aumento dell’occupazione femminile, ancora una volta, si registra nel complesso delle attività dei servizi, dove si superano le 121 mila occupate, il 66,6% dell’occupazione femminile in Provincia e oltre la metà dell’occupazione del settore terziario (51,6%). Rimane, tuttavia, una quota rilevante di donne occupate nelle attività industriali, quasi 57 mila, il 25% del totale, mentre sale la presenza femminile in agricoltura, che supera le 4 mila unità, in prevalenza indipendenti, rappresentando quasi il 23% dell’occupazione nel settore. Il censimento del 2011 registra, quindi, un ulteriore balzo della occupazione femminile, che supera le 215 mila unità ed arriva, finalmente, a rappresentare il 40,4% dell’occupazione provinciale.

L’ultimo Censimento generale

L’ultimo Censimento generale (2022) conferma e amplifica quanto accaduto nei tre decenni precedenti. Le donne occupate aumentano ancora e superano le 235 mila unità, arrivando a rappresentare il 42% del totale degli occupati. Insomma, ci sono voluti oltre 70 anni per vedere raddoppiare la quota di occupazione delle donne. Tuttavia l’occupazione femminile a Brescia rimane al disotto dei contesti territoriali di riferimento.

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