Economia

«L’informazione (se corretta) fa meraviglie» pure alle imprese

Al Teatro Grande l’Imw del Gruppo Giovani di Confindustria Brescia dedicato alla gestione della comunicazione
I presidenti Anna Tripoli e Franco Gussalli Beretta - © www.giornaledibrescia.it
I presidenti Anna Tripoli e Franco Gussalli Beretta - © www.giornaledibrescia.it
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Un tempo si diceva che, se hai un buon prodotto ma non lo sai raccontare, è come se non l’avessi. Con il digitale la comunicazione conquista altri gradini nella scala dei fondamentali del business. Se ne sono accorte le imprese, anche quelle bresciane, tanto che lo storico appuntamento Imw promosso dai Giovani di Confindustria quest’anno aggiorna il senso della sua lettera iniziale: da «Innovation» a «Information makes wonders». L’informazione fa davvero meraviglie? Sì, ma anche catastrofi. «Per questo – spiega la presidente di Giovani Imprenditori Confindustria Brescia, Anna Tripoli – abbiamo sentito il bisogno di fornire una cassetta degli attrezzi per tutelare persone e imprese dalla cattiva comunicazione sui social network».

La sinergia

Idea partorita dall’ala junior ma sposata dall’intera Confindustria bresciana, come ha sottolineato il suo presidente Franco Gussalli Beretta ieri pomeriggio al Teatro Grande: «La collaborazione tra impresa, giovani e scuola è essenziale per creare un tessuto che non sia solo produttivo, ma anche costruttivo e in certi ambiti sono proprio le nuove generazioni a poterci insegnare qualcosa». Gli strumenti per affrontare il mondo dei social, in realtà, sono arrivati da diverse generazioni e da vari settori, non solo legati al mondo della comunicazione. Da cui però non si prescinde: «La curiosità deve prendere il posto del pregiudizio, ma non basta: ci vuole attenzione all’altro e al cambiamento». Parole pronunciate da Beppe Severgnini, giornalista che dalle colonne del New York Times e dell’Economist passa con disinvoltura ai cinguettii su Twitter, senza dimenticare però un solido principio: «Le regole dell’offline valgono anche per l’online».

O forse valgono ancora di più, perché se i media tradizionali sono gerarchici, i social possono essere impetuosamente anarchici, come testimoniano le esperienze di alcuni imprenditori sul palco del Grande. «Quando lavoravo in Lancôme - ricorda Veronica Civiero, esperta di marketing digitale per Meta, L’Oréal e P&G - era stato lanciato un siero notte e giorno scrub e idratante. Gli utenti ci scrivevano sui social messaggi privati per manifestarci il timore che il prodotto fosse aggressivo per la pelle, ma ai tempi non c’era personale dedicato per rispondere a migliaia di messaggi al giorno. Così non abbiamo capito che il valore percepito dai clienti era molto diverso rispetto a quello che volevamo trasmettere. Sui social non basta più comunicare, bisogna conversare e la conversazione implica l’ascolto».

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Il caso

Fondamentale è costruire nel tempo un rapporto di fiducia e una reputazione che possono salvare nei momenti difficili, come è accaduto a Copan: «Nel periodo in cui si era diffusa la fake news sul nostro presunto invio di tamponi negli Usa, sottraendoli alla popolazione italiana - dice la presidente di Copan Group Stefania Triva - è stata la stessa comunità scientifica a schierarsi dalla nostra parte, aiutandoci a smentire la notizia falsa».

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