I neet a Brescia, non studia e non lavora il 15,8% dei giovani tra i 15 e i 29 anni
I giovani pagano un prezzo pesante alla cronica bassa crescita dell’economia, in termini di tasso di disoccupazione, precarietà, salari ridotti e con limitate prospettive di crescita. Basta qualche numero per renderne conto. A Brescia i neet (coloro che non studiano e non lavorano tra i 15 e i 29 anni) rappresentano il 15,8%, un dato più contenuto rispetto alla media nazionale che è del 23,1% nel 2021 (oltre il doppio della Germania), ma sempre alto se confrontato con i competitor europei.
Uno «spread» da colmare, che pone in primo piano il tema del capitale umano poiché la competitività si deve fondare sulle competenze, essenziali per innovare e garantire la qualità dei prodotti e dei servizi.
Il focus
È quanto emerge dal focus «Giovani: Formazione e lavoro a Brescia», curato dalla Direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo, che fornisce un supporto concreto alle osservazioni di Marco Franco Nava, direttore regionale Lombardia Sud, ieri alla presentazione del Master Isup organizzata dal Gruppo Giovani di Confindustria Brescia. «La formazione insieme alla ricerca - ha detto Nava - si è dimostrata avere un ruolo decisivo nel processo di innovazione delle nostre imprese e per questo motivo sosteniamo iniziative come il master Isup. È fondamentale avere una maggiore capacità di attrazione di talenti, rafforzando le sinergie tra il mondo del lavoro e la scuola».
L’esempio Isup
Un contributo può venire proprio dalle startup innovative, primari soggetti che Isup vuole cubare attraverso il proprio percorso e che possono «creare rilevanti spillover nel territorio». I lavoratori dotati di competenze adeguate, evidenzia l’indagine, sono meglio remunerati, ma le imprese incontrano difficoltà nel reperirli, come certificano anche i dati Unioncamere-Anpal: a gennaio-marzo di quest’anno le assunzioni previste dalle imprese bresciane sono più di 37.000 unità, 15.650 solo nel mese di gennaio di cui il 34% con età inferiore ai 30 anni. Del totale annunciato il 51% risulta di difficile reperimento, specie per le figure a più alta specializzazione.
Il fenomeno ha più spiegazioni: dipende dal basso tasso di disoccupazione del territorio, pari al 5% (quasi la metà di quello nazionale che è del 9,7%), ma le criticità vanno ricercate anche nella preparazione inadeguata o nella mancanza di candidati, per non parlare dei canali di assunzione, ancora per lo più di tipo informale e con un basso ricorso ad accordi con scuole e università.
Indagine Cisl
Sul nostro giornale abbiamo più volte parlato del fenomeno dei neet. Secondo una recente analisi della Cisl bresciana su dati della Regione Lombardia, nella nostra provincia sono circa 10mila i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Un dato preoccupante nonostante (come abbiamo scritto sopra) sia di molto inferiore al raffronto nazionale. Dopo la Turchia (il 33,6% di Nette), il Montenegro (il 28,6%) e la Macedonia (il 27,6%), l’Italia nel 2020 è il Paese con il maggiore tasso di giovani che non studiano e non lavorano in Europa.
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