Lavoro: le ragioni del «mismatch» tra domanda e offerta in Italia

Prendete una formazione che non facilita l'orientamento tecnico, unite salari bassi e poca vocazione al pragmatismo e mixate il tutto con imprese eccessivamente piccole e una decrescita demografica senza precedenti. La ricetta del mismatch tutto italiano è servita. Almeno stando ai dati raccolti ed analizzati dallo studio commissionato da Intesa Sanpaolo alla società specialista in ricerche di mercato e sondaggi Ipsos.
Un report articolato* che ha visto Ipsos, nel dicembre scorso, intervistare 700 persone fra donne e uomini, di fasce d'età diverse (18-30 anni; 31-40 anni), con vari gradi di scolarizzazione, sparse in tutta Italia e con un target diviso in tre categorie: persone in cerca di lavoro, lavoratori che vorrebbero cambiare occupazione ed i famigerati NEET, acronimo per Not engaged in Education, Employment or Training, vale a dire persone non attive, che si tratti di istruzione, lavoro o formazione.
Sul versante delle aziende, il campione è stato di 200 imprese in cerca di lavoratori. Il quadro che ne emerge lascia poco spazio a facili soluzioni. Al contrario, chiama in causa una serie di urgenze che, se costantemente ignorate, rischiano di mettere il mondo del lavoro in ginocchio. A maggior ragione alla luce di una emergenza demografica che, sebbene non inserita nello studio, resta sullo sfondo come un drammatico presagio: numeri alla mano, entro 5 anni usciranno dal mondo del lavoro indicativamente 4 milioni e mezzo di baby boomer, che dovranno essere rimpiazzati da altrettanti giovani che, però, a stento arrivano a 3 milioni. E senza contare la famigerata fuga dei cervelli, sino a una manciata di anni fa appannaggio delle elìte ed ora decisamente più trasversale.
Ma vediamo le ragioni, che hanno radici profonde, di tutto questo.
La formazione
Dallo studio Intesa Sanpaolo-Ipsos una cosa emerge chiara. La scuola di oggi non risponde alle reali esigenze del mondo del lavoro. Vuoi perché poco orientata alle cosiddette materie Stem, vale a dire quelle a carattere scientifico-matematico, vuoi perché troppo incentrata su ciò che piace a discapito di ciò che serve.
Nonostante, infatti, i dati mostrino come la scelta di indirizzi Stem sia più premiante sia per i diplomati che per i laureati, la gran parte degli studenti tende ancora a decidere sulla base delle proprie passioni, incurante degli sbocchi. Inoltre, un terzo di chi sceglie un percorso di studi non sarebbe stato informato sulle possibilità di trovare lavoro, con punte più accentuate tra le donne (una su 2 oggi farebbe scelte diverse) e chi interrompe gli studi.
Il 64% del campione complessivo, non a caso, ha dichiarato che avrebbe desiderato essere guidato meglio nella scelta del percorso formativo da intraprendere. «Ci hanno raccontato che la nostra scuola è bellissima, ma oggi i dati dicono che non è più così», commenta Cristina Paltrinieri, senior manager di Intesa Sanpaolo, per la quale è assolutamente indispensabile lavorare su un cambio culturale, andando verso una formazione più al passo con le esigenze del mondo del lavoro.
Il lavoro desiderato
Un altro snodo strategico della ricerca è quello sul lavoro desiderato. Un altro tasto dolente, a voler ben guardare. Non solo perché mostra come nell'epoca della flessibilità e della mobilità gli italiani rincorrano ancora principalmente un impiego dipendente (66% del campione) e a tempo pieno (60%), meglio ancora se nel pubblico (52%), ma anche perché palesa uno scarto molto ampio tra domanda ed offerta per quanto concerne le aree.
Lo scollamento tra domanda e offerta è evidente: se da un lato chi cerca privilegia ambiti quali il marketing, le vendite, il commerciale (15% la media, nel grafico i dati suddivisi per zona geografica), back office e assistenza clienti (12%) e produzione (10%), con ad esempio logistica (8) e Ricerca&Sviluppo (5) agli ultimi posti, le aziende spesso hanno bisogno del contrario (36% produzione, 17% R&S e 14% logistica).
Interessante anche lo spaccato che emerge in relazione agli aspetti più attrattivi nella valutazione di un posto di lavoro, condizionato anche da una pandemia che ci ha abituati a vivere sempre più la dimensione casalinga. Se stabilità di contratto, possibilità di crescita professionale, trattamento economico e disponibilità di tempo libero sono per tutti in testa alla classifica, per gli under 30 ha un peso maggiore la possibilità di lavorare da remoto e la notorietà aziendale mentre per gli over 30 sono più importanti vicinanza a casa e trattamento economico.
Le retribuzioni
Tra i nervi scoperti (e non da oggi) del mondo del lavoro italiano c'è senza dubbio anche quello dei salari.
La maggior parte di chi lamenta di non trovare lavoro, infatti, imputa la causa a retribuzioni offerte troppo basse (43% la media, nel dettaglio: 45% dei rispondenti del Nord, 37% del Centro, 45% del Sud e isole). «Quello del costo del lavoro è un tema che dovrebbe essere affrontato da molto tempo, perché se da un lato le retribuzioni sono basse e dall'altro il costo per il datore di lavoro è invece molto alto. Siamo di fronte ad un meccanismo che penalizza tutti, e spinge sempre più i giovani a guardare ad un lavoro oltre confine», tira corto la Paltrinieri, che collega questo elemento anche alla dimensione delle imprese italiane. «Questo problema è tanto più grave tanto più piccole sono le imprese - dice -: è finito il tempo del piccolo è bello, per stare sul mercato c'è sempre più la necessità che ci si aggreghi, così da poter fare di più. Anche questo è un tema che dovrebbe essere affrontato una volta per tutte».
Al secondo posto tra i motivi per cui non si riesce a trovare una occupazione ci sono posizioni troppo qualificate rispetto al proprio profilo, mentre al terzo c'è la necessità di trovare un lavoro part time.
Dal canto loro, le imprese sono ben consapevoli che il motivo economico è uno dei principali motivi di rifiuto delle proposte, anche se ai primi posti si trovano le difficoltà legate alla scarsa competenza dei candidati, per esperienza o tipologia di lavoro. Le imprese dichiarano anche di ricevere candidature non rispondenti ai profili ricercati e che, in un terzo dei casi, i candidati mentono nel CV riguardo alle loro qualifiche.
L'incontro di domanda e offerta
Stando al campione, anche far incontrare domanda e offerta non è facile come può sembrare.
Più di 8 intervistati su 10 dicono che la principale criticità è la scarsità di offerte adatte al proprio profilo, mentre sia le imprese che i lavoratori dichiarano che anche la molteplicità dei canali in cui cercare risulta un problema. I candidati si rivolgono a siti specializzati (53%), utilizzano LinkedIn (40%), il passaparola e i siti aziendali (38%). Le imprese ricorrono, ancora oggi, come primo canale al passaparola (35%), seguito da LinkedIn (31%) e dai siti specializzati (30%).
«Anche questo elemento del passaparola è legato alla questione della dimensione aziendale, perché più le imprese sono grandi e consolidate più utilizzano strumenti specialistici» specifica il senior manager di Intesa che evidenzia come il sito aziendale e i career days siano comunque considerati strumenti migliori per trovare candidati rispetto anche agli annunci sui giornali e all'utilizzo dei centri per l'impiego.
Tra le aree in cui è più difficile trovare risorse nuove da inserire, i Big Data, la Ricerca&Sviluppo e CRM e gestione database. Sul fronte degli investimenti che vengono fatti dai candidati per aumentare le proprie opportunità professionali ci sono invece le competenze digitali e linguistiche, che però non sempre si sposano con le esigenze delle aziende, che invece avrebbero più bisogno di competenze tecniche e certificazioni settoriali.
Il campione del Nord Italia
Non molto dissimile il quadro del solo Nord Italia (isolare la Lombardia non è stato possibile perché il campione non sarebbe stato statisticamente credibile) sebbene i lavoratori manifestino, dopo la pandemia, una attenzione alla dimensione domestica e alla contrattualizzazione e al reddito.
Tra le differenze più marcate rispetto allo spaccato nazionale, infatti, spiccano la maggiore attenzione di coloro che cercano un impiego alla tipologia contrattuale e al raggiungimento comodo del posto di lavoro, con l'appeal dello smartworking che è cresciuto dopo il Covid (14% contro la media del 13%). Tra le motivazioni per le quali, invece, il lavoro non lo si trova, nel Nord pesano di più quelle legate a retribuzioni troppo basse (45% contro il 43% della media nazionale) e ad offerte troppo lontane da casa (21% contro il 13 nazionale e l'8 e il 9% del Centro e Sud).
*Nota metodologica: Indagine condotta da Ipsos Public Affairs su un campione di 700 cittadini italiani adulti, uomini e donne, di età compresa tra 18 e 40 anni, così ripartiti: 46% in cerca di occupazione, 44% occupati e alla ricerca di diversa occupazione, 10% NEET (Not in Employment, Education or Training). Le interviste sono state effettuate mediante selezione da panel proprietario, durante il mese di novembre 2021.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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