Scuola

Dispersione scolastica, a Brescia 8 su cento non si diplomano

Ciononostante, i dati sono migliori della media regionale (11,9%). I dati dell'Ufficio scolastico territoriale per inquadrare il fenomeno
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LA PIAGA ABBANDONO SCOLASTICO
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Già a dicembre i presidi italiani avevano lanciato l’allarme: serve un piano Marshall contro la dispersione scolastica, una piaga gravissima che affligge tutto il Paese. A Brescia, in realtà, le cose vanno meglio che nel resto d'Italia. Nella nostra provincia «soltanto» otto studenti su cento non raggiungono il diploma o la qualifica triennale. La media lombarda è dell’11,9%, mentre se ampliamo lo sguardo a livello nazionale si raggiunge il 13,1%.

È quanto emerge, come ci illustra la professoressa Daria Giunti, dai dati raccolti dall’Ufficio scolastico territoriale: dati che sono stati messi a confronto con quelli forniti dal rapporto Istat 2020 e che sono stati riportati nel documento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. In ambedue i documenti viene messa in rilievo la stretta connessione tra dispersione scolastica, povertà educativa e fenomeno dei Neet, ossia dei ragazzi che non lavorano, non studiano e non cercano un lavoro. In particolare sono stati utilizzati i dati relativi a frequentanti, abbandoni e trasferimenti che le scuole forniscono ogni anno.

Nello studio sono entrati, con l’anonimato garantito da un codice alfanumerico, ben 59.024 studenti (più del 99% dell’intera popolazione scolastica del 2018/19), dei quali è stato possibile seguire il percorso scolastico per un quadriennio. I dati presi in considerazione riguardano in particolare ordinamento, indirizzo, anno di corso frequentato, data di nascita e cittadinanza, ambito della scuola. Su quest’ultimo punto vale la pena soffermarsi perché la dispersione è diversa su base territoriale. In città infatti è di quasi due punti percentuali rispetto alla provincia: il 7,1% contro l’8,9%.

Le cause

Per comprendere il fenomeno in generale tuttavia non bastano i numeri. «La dispersione scolastica - si legge nella premessa al documento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza del giugno 2022 - coinvolge diverse dimensioni della vita sociale della persona di minore età e della comunità in cui vive: dai servizi per la prima infanzia alla formazione professionale, dalle politiche sociali a quelle abitative e del lavoro. I fattori connessi possono dipendere dalla disoccupazione, dalle situazioni di esclusione sociale e di povertà, ma non si possono escludere nemmeno quelle motivazioni riconducibili a disagi personali e familiari, difficoltà nell’apprendimento e, più in generale, il modo in cui il singolo studente reagisce al sistema scolastico».

Altre cause, da non sottovalutare, «sono da attribuire a motivazioni individuali che possono spingere verso l’abbandono precoce degli studi e, fra queste, un peso notevole è attribuito ai disturbi d’ansia legati alla difficoltà nel sostenere gli alti livelli di stress correlati all’ambiente scolastico».

Ma occuparsi di dispersione, leggiamo nello stesso documento, «vuol dire anche occuparsi dei bambini sin dai primi anni di vita, considerarli in prospettiva evolutiva, per osservare tutto l’arco della crescita, nei diversi contesti dove essa prende forma, ossia tenere ugualmente in primo piano il contesto familiare, il contesto educativo e scolastico, dalla scuola dell’infanzia fino all’ingresso all’università; significa guardare al contesto comunitario, cioè dei servizi, formali e informali, educativi, sociali, sociosanitari, sportivi, ricreativi, culturali, ecc. che costituiscono la rete di supporto alla crescita e che, quando assenti, determinano quella scarsità di stimolazioni e di risorse che impatta negativamente sulla formazione delle capacità sociali, cognitive, emotive delle persone di minore età».

Il ruolo degli Iefp

Non può non essere sottolineato infine il ruolo antidispersione dei percorsi di istruzione e formazione professionale: secondo l'Istat i percorsi triennali e quadriennali di Iefp (per lo più erogati dalle Regioni) stanno mostrando negli anni la loro capacità inclusiva e «anti-dispersione», specialmente verso gli allievi di nazionalità non italiana, gli allievi con disabilità e gli allievi che vi confluiscono come «seconda opportunità», dopo aver seguito altri percorsi scolastici.

La conferma di questo ruolo speciale arriva proprio dai dati bresciani relativi ai trasferimenti degli studenti che nel 2018/2019 frequentavano la classe prima dei percorsi quinquennali e che nel 2019/2020 hanno scelto di passare a un percorso Iefp. Il loro numero è di 565, pari al 58,4% del totale dei trasferimenti (968 su 14.732 frequentanti, il 6,6%). Nel 2021/2022, 440 di questi 565 studenti erano ancora all'interno del sistema di Istruzione e, dei 125 fuoriusciti, 35 avevano comunque conseguito la qualifica professionale.

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