Innovazione e aziende, il fondatore del metodo RenDanHeYi a Brescia
Come richiede il bon ton, una volta si viene ospitati, e la successiva si ricambia l’ospitalità. E così, a poco meno di due anni di distanza dalla visita del fondatore di Gummy Industries, Fabrizio Martire, all’imprenditore cinese Zhang Ruimin, lo stesso Zhang Ruimin è approdato a Brescia, ed ha trascorso una intera giornata nell’agenzia di comunicazione digitale bresciana per raccontare ed approfondire il modello organizzativo da lui ideato, noto ai più come modello RenDanHeYi (o anche modello «zero distance»), adottato con successo dalla sua stessa Haier e studiato nelle più prestigiose business school del mondo.
L’esperienza bresciana
Tale modello, infatti, ha trasformato l’azienda di frigoriferi fondata da Zhang in un ecosistema decentralizzato di micro-imprese orientate al cliente, ponendo l’individuo e il valore per l’utente finale al centro di ogni processo, evidenziando molteplici vantaggi connessi a questo approccio. Tanto che, con la consueta lungimiranza, il fondatore della stessa Gummy Industries ha deciso di adottarlo anche nella sua agenzia, prima realtà in Italia a farlo. «Siamo stati la prima azienda italiana certificata che applica il RenDanHeYi» spiega Martire, che snocciola i vantaggi dell’approccio della divisione in team indipendenti che partecipano anche alla gestione imprenditoriale.
«Il vantaggio più evidente è quello che vediamo sotto il profilo dell’innovazione – dice Martire –: se non è più solo il ceo dell’azienda a poter validare nuove idee o nuovi prodotti, ma anche il singolo dipendente che, a contatto col cliente, raccoglie una intuizione e la trasforma in realtà, è chiaro che si genera un meccanismo creativo che rende l’azienda più prolifica».
Il secondo vantaggio, per Martire, sta nella possibilità di crescita data ai collaboratori, che diventano veri e propri imprenditori e partecipano ai profitti e, ultimo ma non ultimo, nella comunicazione positiva che nasce da questo approccio, capace di generare nuove alleanze anche con altre realtà. Inutile dire che al centro del dibattito svoltosi nella sede Gummy di viale Venezia (oggi conta circa 70 collaboratori, ed ha un fatturato che si aggira intorno ai 4 milioni di euro annui) c’è stata l’applicabilità del modello cinese al contesto economico italiano, tema discusso con personaggi di spicco internazionale come (oltre allo stesso Zhang Ruimin, ceo e presidente del gruppo Haier appunto) Bill Fischer, docente senior presso la Sloan School of Management del Mit e professore emerito all’Imd di Losanna; il formatore e facilitatore Emanuele Quintarelli; Stuart Crainer, co-fondatore di Thinkers50; l’accademica ed imprenditrice Annika Steiber e Umberto Lago, professore di Strategia d’impresa all’Università di Bologna.
Le conclusioni
Se il modello RenDanHeYi è adattabile al mondo produttivo e manifatturiero italiano (anzi, è una realtà di servizi come Gummy Industries, a voler vedere, ad essere una eccezione), più complesso potrebbe essere declinarlo in «formato» piccola e media impresa.
«Gli esperti hanno identificato in un minimo di 10/15 dipendenti la dimensione per poter applicare il modello cinese al nostro contesto economico», tira corto Fabrizio Martire per il quale, tuttavia, l’elemento più difficile da gestire risulterebbe sempre e soltanto uno: la capacità di delegare, ma anche di dividere i profitti, dei piccoli imprenditori italiani, tema caro anche agli studiosi intervenuti, così come quello de famigerato passaggio generazionale.
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