Gli immigrati se ne vanno e ora manca la manodopera

È cronaca di questi giorni, difficile da immaginare fino a qualche tempo fa: tanti immigrati lasciano l'Italia. Ma pensa te: sono mesi anni decenni che continuiamo a dire «basta immigrati» e vedi mo' che la litania pare funzionare: in tanti se ne vanno.
Ovviamente diverse le chiavi di lettura sui perché, una su tutte: è rimasta poca ciccia anche da noi e quindi si cerca un lavoro e forse un po' di fortuna da altre parti, magari rientrando a casa. Vale per molti immigrati dell'Est (chiedete a qualche kosovaro o montenegrino: lassù c'è un mezzo boom) e persino a qualche senegalese o tunisino. C'è questo fenomeno, interessante, tanta gente torna a casa. Evviva? Per tanti aspetti sì, per altri un po' meno.
Abbiamo appena finito di dire evviva che, con singolare tempismo, sempre le cronache di questi giorni registrano l'alert delle aziende che lavorano nelle telecomunicazioni e che dicono che così non si può andare avanti, che non riescono ad aprire i cantieri perché manca manodopera, che di questo passo (azzoppato) i progetti (e i soldi) del Pnrr rischiamo di perderli perché non si riescono a rispettare i tempi.
Adesso, manco a dirlo, si lancia l'allarme. Adesso si chiede più immigrazione selezionata, i 140mila permessi di lavoro dovrebbero perlomeno raddoppiare. Ammesso, e non concesso, che qualcuno arrivi. Un po' arriveranno, se il monte-permessi sarà allargato, ma che si arrivi a fare il pieno è dubbio. E naturalmente c'è da superare uno scoglio non piccolo: dopo aver fatto una capa tanta con la storia che gli stranieri rubano il lavoro agli italiani, quegli stessi adesso dovranno dire che gli stranieri servono, sempre ammesso che arrivino.
E così la cialtronaggine dovrà misurarsi con la realtà. Perché anche in questo, fa male dirlo, siamo italiani: cialtroni, ma con l'elastico...
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