Economia

L’Ue accentra i fondi di coesione: Regioni europee sul piede di guerra

La proposta di revisione è stata annunciata nel Quadro finanziario pluriennale 2028-2034
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione - © www.giornaledibrescia.it
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Si aggira tra le stanze dei palazzi europei così come nei saloni istituzionali delle varie regioni europee. È la notizia, già messa nera su bianco dalla Commissione ma in attesa di conferma ufficiale, della revisione del meccanismo dei fondi di coesione europei.

Si tratta dei principali strumenti di finanziamento indiretti – strutturali – e riguardano tutte le azioni volte a promuovere la coesione, cercando di ridurre il divario economico e sociale tra le regioni europee. Sono erogati dall’Europa agli Stati membri ma gestiti il più delle volte dalle Regioni, secondo il principio costituzionale di sussidiarietà.

Stando invece al Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2028-2034 presentato a luglio, che definisce i contorni del bilancio europeo per i prossimi sette anni (1.980 miliardi lo stanziamento), l’attuale Politica di coesione europea, così come la Politica agricola comune, fluirebbe in un unico «Fondo europeo per la coesione economica, territoriale e sociale, l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la pesca e la politica marittima, la prosperità e la sicurezza» da 865 miliardi di euro.

Cosa cambia

Rispetto ad oggi, dove i fondi di coesione sono il filo diretto diBruxelles coi territori nonché principale strumento di finanziamento degli stessi, l’interfaccia con la Commissione sarà sul piano nazionale, coi i governi che avranno il compito di organizzare e coordinare il piano andando a nominare una o più autorità di gestione (sul modello del Pnrr per capirci), nel qual caso identificando un’autorità di coordinamento nazionale. Attualmente invece sono le regioni a decidere in autonomia i capitoli di spesa, seguendo le linee guida comunitarie e rendicontando direttamente all’esecutivo continentale.

Un cambio di paradigma, fortemente voluto da von der Leyen e che guarda a nuove sfide economiche e sociali come la difesa o la transizione ecologica e digitale, che ha fatto salire sulle barricate i territori, non solo italiani. «Si tratta di un impianto ritenuto diluito, poco trasparente e centralizzante, con il rischio di rinazionalizzazione dei fondi all’interno di Piani nazionali costruiti sul modello dei Piani per la ripresa e la resilienza – la dichiarazione rilasciata a inizio novembre da EURegions4Cohesion che riunisce 144 regioni europee (Lombardia compresa, attualmente a guida Emilia-Romagna) –. Bisogna mantenere le regioni al centro del futuro bilancio Ue, scongiurando qualsiasi deriva verso la nazionalizzazione e garantendo prevedibilità dei finanziamenti e quindi una programmazione di lungo termine».

Il Consiglio

A tal fine è stato redatto un «position paper», inviato alla Commissione, nel quale le regioni europee chiedono che la politica di coesione resti dotata di un budget dedicato e vincolato, distinto dagli altri strumenti dell’Unione europea, e che le risorse siano allocate a livello regionale secondo criteri socioeconomici chiari. Oltre a ciò rivendicano il pieno rispetto della sussidiarietà, con una governance multilivello e una negoziazione diretta con Bruxelles. «Fondamentali sono anche capitoli regionali nei nuovi Nrpp – Piani di partenariato nazionali e regionali ndr –, maggiore flessibilità tra fondi, indicatori e performance definiti localmente – si legge nel documento –, oltre a tempistiche realistiche e prefinanziamenti adeguati per garantire interventi efficaci nei territori».

Anche il Parlamento europeo si è più volte espresso contro la revisione annunciata dal quadro finanziario pluriennale, ma una prima vera svolta si potrebbe avere tra il 18 e 19 dicembre a seguito del Consiglio europeo: il tema del bilancio è infatti una delle principali voci (insieme all’Ucraina) sulle quali l’organo di indirizzo formato dai Capi di Stato europei sarà chiamato a esprimersi.

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