Economia

Caro energia, imprenditori: «Imprese a rischio delocalizzazione»

Dalla Bona boccia il decreto del Governo: «Un aiuto risibile». Il 2022 sarà complicato, fermata estiva a luglio anziché ad agosto
Dopo 32 trimestri di crescita, l’industria  bresciana cala © www.giornaledibrescia.it
Dopo 32 trimestri di crescita, l’industria bresciana cala © www.giornaledibrescia.it
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Gli imprenditori bresciani sono delusi e preoccupati. Bocciano all’unisono il decreto del Governo con le misure per calmierare i prezzi dell’energia. «Si è fatto troppo poco - tuona Roberto Dalla Bona, presidente della storica Fonderie Guido Glisenti di Villa Carcina -. Avevamo avanzato una serie di proposte dettagliate al Governo: nessuna è stata accolta. A sorpresa è arrivato invece un credito d’imposta che copre in modo irrisorio l’incremento dei costi».

Lo stabilimento di Villa Carcina ha oltre 160 anni di storia, produce getti per le principali case automobilistiche europee e i costruttori mondiali di trattori e macchine movimento terra, ed oggi occupa circa 140 dipendenti. La bolletta recapitata nelle scorse settimane è stata un salasso. «Nell’ultimo trimestre del 2019 avevamo pagato 666mila euro per l’energia, l’ultimo quarter del 2021 il costo è salito a 2,1 milioni con un’incidenza dell’energia sul costo del prodotto che passa dal 14 al 20%. Così non possiamo reggere a lungo la concorrenza europea».

L'impatto sui conti

In queste settimane Dalla Bona ha fatto riunioni su riunioni, calcolato e ricalcolato le stime su costi e ricavi. «Nel primo trimestre 2022, l’indice Ebitda scenderà sotto il 5%, chiuderemo in perdita. Circa il 70% di questi extra-costi verranno riversati sui clienti. Ma il rischio è grossissimo: stiamo perdendo competitività rispetto ai concorrenti europei. Tutti i Pun nazionali mostrano un forte rialzo dei prezzi, ma i Governi si sono mossi in modo diverso nei confronti delle imprese - dichiara l’imprenditore valtrumplino -: le fonderie francesi godono di quasi l’80% del consumo di energia a prezzo calmierato a 50 euro al megawattora contro i 200 dell’Italia. Analogo raffronto si può fare con la Germania».

L'ipotesi di lavorare nel weekend

Ciliegina sulla torta l’introduzione delle regole del «capacity market». Per 500 ore all’anno concentrate nelle giornate tra gennaio, febbraio, luglio, novembre e dicembre. Iniziativa di Arera, per evitare possibili black out, che ha imposto una tassa significativa nelle ore di punta. «Il giochino rischia di costarci 300mila euro l’anno - chiosa Dalla Bona -. Dobbiamo cercare di evitare di lavorare in queste ore. Stiamo studiando la questione e facendo simulazioni, e intendiamo confrontarci con i sindacati su questo tema: una soluzione potrebbe essere quella di spostare a gennaio e febbraio le produzioni il sabato e la domenica, non solo, c’è anche l’ipotesi di lavorare il mese di agosto spostando la chiusura dello stabilimento per le ferie estive nel mese di luglio».

Il problema della concorrenza con i Paesi europei

Dal mondo delle fonderie alla lavorazione della plastica. Il sistema economico bresciano - storicamente energivoro - è certamente uno tra i più esposti d’Italia per questo problema. Ed il rischio della chiusura di intere filiere, con la perdita di centinaia di posti di lavoro è davvero reale. Lo sottolinea anche Manuel Oldrati, ceo di Oldrati Group, realtà originaria nella Bergamasca, ma con quartier generale ad Adro ed oggi uno dei principali leader nella produzione di manufatti in gomma con ben 9 stabilimenti produttivi e 850 dipendenti in Italia. «Siamo una realtà energivora, il nostro gruppo consuma più di 60 giga di energia all’anno, di cui poco più del 60% in Italia. Nel corso della storia di questa azienda non abbiamo mai visto prezzi dell’energia di questa entità - confida Oldrati -. L’impatto sui costi del prodotto finale è passato 1% al 4%. Ci siamo mossi su due fronti: applicando tutte le soluzioni possibili per ottimizzare il consumo energetico. Abbiamo attivato un Energy Team, un gruppo di lavoro per identificare e implementare azioni di efficientamento energetico; installato pannelli fotovoltaici, macchinari a basso consumo».

Il vero problema resta la concorrenza con i Paesi europei. «Abbiamo mappato i costi dell’energia dei nostri concorrenti europei - spiega Oldrati -: siamo quelli che paghiamo più di tutti: Bulgaria, Serbia, Albania pagano 4 volte meno di noi. Se non si risolve il problema molte aziende italiane saranno costrette a portare i libri in tribunale oppure delocalizzare». Quali risposte ai clienti? «Abbiamo cercato di sensibilizzare i clienti. L’incremento del costo di energia per noi non è elemento speculativo. Abbiamo scomposto la componente energia dalla fattura. Si chiama metodo energy surcharge, il cliente ha il prezzo del prodotto al netto dell’energia, che cambia secondo i prezzi del Pun, su cui non possiamo nulla». In attesa che l’emergenza finisca.

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