Caro energia, le agevolazioni tedesche allarmano le imprese bresciane

Il primo ad uscire allo scoperto era stato, sabato scorso, il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi: «Le agevolazioni varate dalla Germania sul prezzo dell’elettricità per l’industria creano profonde asimmetrie nel mercato europeo. La Commissione Ue continua a utilizzare due pesi e due misure».
Ieri a scendere in campo è stato il presidente di Assofond – l’associazione confindustriale che riunisce gli imprenditori italiani delle fonderie – affiancato dai presidenti dei principali settori energivori, dalla carta alla ceramica. Una presa di posizione corale che evidenzia come l’allarme riguardi l’intero sistema produttivo che teme ripercussioni profonde.
L’agevolazione
Il tema del contendere è dirimente: la Germania è tornata a muoversi in autonomia sul fronte energetico annunciando un intervento a sostegno della propria industria energivora, con l’introduzione – dal gennaio 2026 – di un prezzo politico dell’elettricità fissato a 50 euro/MWh per tre anni. Una misura che favorirà settori strategici come la siderometallurgia, la carta, la chimica, il vetro e, indirettamente, anche l’automotive, creando un vantaggio competitivo difficilmente colmabile dagli altri Paesi.
Le preoccupazioni
Il provvedimento ha destato forti timori tra gli imprenditori italiani, già appesantiti da un costo dell’energia ben superiore ai concorrenti europei. «Speriamo che la mossa tedesca suoni la sveglia al governo italiano: l’industria ha esaurito il tempo e la pazienza – commenta il presidente di Assofond, Fabio Zanardi –. Le aziende italiane pagano l’elettricità più di qualunque altro Paese europeo e questa differenza pesa ormai in modo insostenibile sui bilanci e sulle prospettive di investimento. La Germania sta utilizzando gli strumenti a sua disposizione per sostenere l’industria; noi, pur con margini fiscali più ridotti, non possiamo permetterci di restare fermi».
Un’operazione come quella tedesca apre non solo un tema di concorrenza interna all’Unione, ma anche di credibilità: ci sono Paesi che possono varare maxi–sussidi e altri che non hanno la stessa possibilità.

«Mentre all’industria tedesca viene consentito un tetto triennale estremamente favorevole al prezzo dell’energia – dichiara il presidente di Confindustria Brescia, Paolo Streparava –, l’Italia è stata frenata sull’Energy Release, con un intervento della Commissione che ne ha fatto slittare l’entrata in vigore di un anno, penalizzando le imprese». Una situazione che mina la fiducia nella capacità dell’Ue di garantire regole uguali per tutti.

Sulla stessa linea Zanardi, che rincara: «La nostra preoccupazione non riguarda ciò che fa Berlino, ma ciò che non sta facendo Roma. Siamo ancora in attesa delle regole operative dell’Energy Release e dei rimborsi dei costi indiretti ETS. Sono interventi già previsti e finanziati, che darebbero immediato sollievo alle imprese. Senza un’azione rapida, il divario competitivo rischia di diventare irreversibile. La politica industriale non può più attendere». Il rischio, sottolineano le imprese, è che il ritardo italiano finisca per trasformarsi in perdita di produzione e occupazione.
Non solo Germania
A muoversi non è soltanto Berlino. Il Regno Unito – fuori dall’Ue, ma in competizione diretta sui mercati internazionali – sta ampliando i propri sostegni agli energivori: dal 2026 aumenterà la Network Charging Compensation dal 60% al 90% per le industrie ad alta intensità energetica e garantirà l’esenzione totale dai costi su rinnovabili e capacity market. Una strategia aggressiva che rischia di attrarre investimenti a scapito degli altri Paesi.
«Se l’Europa permette ai Paesi con maggiore capacità fiscale di assicurare prezzi dell’energia che spiazzano qualsiasi concorrenza, l’Europa stessa rischia di implodere. Non è sostenibile continuare con un’interpretazione delle norme che favorisce pochi e danneggia molti» conclude Gozzi, secondo cui «è l’opposto di ciò che Mario Draghi ha indicato nel suo rapporto: servono un prezzo unico europeo dell’energia e un fondo comune per sostenere la decarbonizzazione. Solo così si può costruire un’industria europea competitiva e un mercato davvero integrato».
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