Cultura

Quei frammenti di vita scritti sui muri di una città che ci parla

Dal 4 gennaio in Queriniana le fotografie di «La città parla» un progetto di Luisa Bondoni
Uno scatto della fotografa Luisa Bondoni al quartiere Carmine di Brescia
Uno scatto della fotografa Luisa Bondoni al quartiere Carmine di Brescia
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«Mi piace camminare per la città e guardarmi intorno. Posare lo sguardo sui marciapiedi, sui muri, sugli oggetti di decoro urbano. E così facendo mi accorgo che la città ci parla, si fa contenitore involontario di storie, di frammenti di vita». Un modo di vedere, quello di Luisa Bondoni, che è divenuto progetto fotografico. E che ora si traduce in una mostra, intitolata, appunto, «La città parla». La ospiterà da martedì 4 a sabato 29 gennaio la Sala della Fontana della Biblioteca Queriniana, in via Mazzini 1 a Brescia, sotto le insegne del Sistema Bibliotecario Urbano, del Comune e del Museo nazionale della Fotografia - Cinefotoclub, del quale la stessa Bondoni è curatrice museale.

Sarà esposta una serie di immagini - raffiguranti particolari di muri - scattate prevalentemente, ma non esclusivamente, al quartiere Carmine, dal 2014 ad oggi. Immagini che «raccontano come la città diventi punto di incontro e di scambio anonimo di pensieri ed emozioni».

Luisa Bondoni si è laureata in Conservazione dei Beni culturali alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Parma, con una tesi in Storia della fotografia, e l’incrocio di queste esperienze formative si intravvede quando afferma: «Mi piace pensare che la storia cambia, si evolve, che quella scritta che ora vedo a breve potrebbe sparire o essere coperta da una altra scritta, che ci possa essere un dialogo, uno scambio seppur effimero di esperienze.

Un altro scatto de «La città parla»
Un altro scatto de «La città parla»

Ed ecco che il mio sguardo va verso un pezzo di puzzle abbandonato, su una scritta accanto ad un citofono, ad una lettera ad un nonno stracciata a metà. E da qui mille storie, la fantasia vola e anche un piccolo frammento inutile, perso, abbandonato, si fa carico di una storia personale e collettiva».

La mostra mette un punto, in questo processo. Ma non definitivo. E l’autrice proseguirà, nelle ricerca e nelle riflessioni. Perché, conclude, «questo progetto continua, ogni giorno».

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