Cultura

Perché Sherlock si chiama Sherlock e Asterix è Asterix e...

Una mini enciclopedia per rispondere ad ogni curiosità sull’origine dei nomi di eroi di libri e film
Con l’immancabile pipa. L’attore Basil Rathbone mentre impersona Sherlock Holmes per il grande schermo
Con l’immancabile pipa. L’attore Basil Rathbone mentre impersona Sherlock Holmes per il grande schermo
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Conosciamo i loro nomi a memoria, e a menadito. Poiché i protagonisti di libri e film della cultura pop si sono indelebilmente impressi nel nostro immaginario. Ma, spesso, del nome di questi eroi non conosciamo l’origine - e a svelarcela ci pensa ora il volume di Philippe Lombard «Perché Sherlock si chiama Sherlock» (Clichy). Un dizionario per rispondere a qualsivoglia curiosità intorno alla genealogia nominalistica di figure che hanno caratterizzato l’industria culturale e i gusti del pubblico del Novecento e di quest’epoca postmoderna, dai fumetti alla fantascienza.

L’ottocentesca Alice (nel paese delle meraviglie), che ha ammaliato soprattutto la controcultura del Secolo breve, trae il nome da Alice Pleasance Liddell, la giovanissima figlia di una coppia di amici dell’autore, il reverendo, matematico e fotografo Charles Lutwidge Dodgson (pseudonimo: Lewis Carroll); da cui i sospetti di una fortissima morbosità, anche se ricostruzioni più recenti accreditano un interesse dello scrittore e pastore anglicano per la sorella maggiore, o per la madre stessa, di quella Alice per la quale venne concepito il pirotecnico racconto.

Asterix - l’irriducibile gallo che resiste all’impero romano, il Davide che sfida Golia-Cesare - nasce dai brainstorming, nel 1959, di René Goscinny e Albert Uderzo, i quali cercavano qualche nome con la finale «rix» (la desinenza che in celtico corrisponde a «re»), in assonanza con Vercingetorix-Vercingetorige (il celebre ed eroico capotribù gallico sconfitto dalle legioni di Roma); e l’iniziale in «A», scommetteva il duo, avrebbe collocato il loro personaggio nelle prime pagine delle enciclopedie dei fumetti che iniziavano a diffondersi.

Altro eroe, ma molto tormentato ed estremamente solitario, è Batman, partorito nel 1939 dalla fantasia di Bob Kane: l’«uomo-pipistrello», come disse il fumettista e pittore, gli venne suggerito dal disegno del prototipo di deltaplano schizzato da Leonardo da Vinci, il quale invitava a ispirarsi a questo esteticamente poco gradevole, ma avanzatissimo mammifero per cercare soluzioni alla sfida del volo umano. Per passare dai pipistrelli ai loro metaforici parenti succhiasangue, Buffy Summers «l’ammazzavampiri» (l’eroina della serie tv Usa) nasce dall’accostamento tra uno dei nomi volutamente meno solenni che si possano immaginare e un cognome ricavato dalla saga degli X-Men (di cui il regista-sceneggiatore dei telefilm, Joss Whedon, era un fan sfegatato).

Il paladino anti-nazista Captain America si chiama così perché, al momento della sua nascita nel 1941, c’erano in circolazione troppi supereroi, così i suoi disegnatori Joe Simon e Jack Kirby, per «differenziare il prodotto», cassarono l’ipotesi iniziale di «Super American» rimpiazzandola con il grado militare che valeva anche come qualifica da leader e «condottiero». Tutto abbastanza chiaro per quanto riguarda il nome di Darth Vader, il cattivissimo di «Guerre stellari» (e genitore di Luke Skywalker), dal momento che, come ha detto lo stesso regista-creatore George Lucas, si tratta di varianti delle parole inglesi dark (oscuro) e father (padre): e il gioco (o, meglio, il binomio) è bell’e fatto, come per l’orrido Jabba, che in russo significa «rospo».

E sempre Lucas raccontò, a proposito dell’archeologo più famoso del mondo, che Indiana era il nome del suo cane (un gigantesco husky), mentre la proposta del cognome «Smith» non andava a genio a Steven Spielberg e, pertanto, trovarono un’intesa su Jones. Frutto di casualità. Hal 9000, il supercervello elettronico di bordo insubordinato e spietato dell’astronave Discovery di «2001: Odissea nello spazio», è un nome frutto di casualità, come ammise Stanley Kubrick, rivelando che la formula «Heuristically programmed Algorithmic computer» (ossia «computer algoritmico euristicamente programmato») venne coniata ex post per giustificare l’acronimo. Il puro caso presiede anche alla scelta del nome Hellboy per un altro campione dell’antinazismo, il demone convertito al bene disegnato da Mike Mignola. E il catalogo (del libro) è vastissimo, da Jack Reacher ad Albus Silente, da X-Men fino, appunto, a Sherlock Holmes, battezzato così perché il dott. Arthur Conan Doyle, nell’esercizio della sua professione ambulatoriale, aveva incontrato parecchie persone che di cognome facevano Sherlock, mentre Holmes lo trasse dal medico e scrittore statunitense Oliver Wendell Holmes (da lui molto ammirato). Tenendo bene a mente che chi di nome colpisce, magari proprio di nome perisce - come il superagente senza più memoria di un fumetto franco-belga, «XIII», nel cui caso (anche se si tratta di numeri), si può proprio dire nomen omen.

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