Cultura

Per Dylan Dog un «Verme bianco» firmato dal bresciano Marco Galli

Il disegnatore di Montichiari dietro al nuovo albo a colori dell'indagatore dell'incubo
Una delle tavole di Dylan Dog disegnate da Marco Galli - © www.giornaledibrescia.it
Una delle tavole di Dylan Dog disegnate da Marco Galli - © www.giornaledibrescia.it
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L’indagatore dell’incubo sperimenta nuove forme grazie a pennellate d’autore. E anche colori, perché il prossimo albo della collana Dylan Dog Color Fest - in uscita mercoledì, 8 febbraio - è stato interamente ideato e realizzato da Marco Galli, disegnatore e scrittore di Montichiari. Archiviati da poco gli ottimi riscontri della recente graphic novel «Il nido» (Coconino Press) e del romanzo «La voragine» (Oligo Editore), l’autore torna a firmare un’avventura del fumetto edito da Sergio Bonelli.

La prima esperienza di Galli con il personaggio creato da Tiziano Sclavi risale al 2016, quando Marco immaginò e disegnò una delle tre storie incluse nel Color Fest n. 16, «Tre passi nel delirio», condiviso con Ausonia e AkaB. Ora per «Il verme bianco», n. 44, il bresciano ha fatto tutto da solo, copertina compresa, tuffandosi nei ricordi del suo periodo londinese di fine anni ’90, per dipingere un Dylan Dog che si perde nel sottosuolo della sua città, all’inseguimento di una gang di ragazzini, ritrovandosi poi al cospetto di una creatura misteriosa.

Galli, innanzitutto qual è il suo rapporto con la serie di Dylan Dog?

Lo leggevo da giovane, benché abbia sempre avuto un rapporto discontinuo con le uscite seriali, insomma non sono il classico lettore di fumetti, mi interessava soprattutto perché mi piace l’horror e perché ne apprezzavo l’aspetto postmoderno, quell’innovazione dell’intrecciare cinema e letteratura, disseminarli tra le pagine.

Che tipo di approccio al personaggio ha operato?

Amo sperimentare e ho pensato che l’unico modo di farlo all’interno di canoni così specifici, fosse usare un protagonista così ben delineato, conosciuto e idolatrato da decenni, solo come perno per far ruotare intorno a lui tanti altri soggetti, più interessanti da caratterizzare, soprattutto gli antagonisti.

Come si è sviluppata questa sottrazione?

A partire dal segno, che è tutto pittorico: solo pennellate, niente linee di contorno. La storia, invece, è "lineare", ma mi sono divertito a presentare il personaggio spogliandolo da tutti gli elementi classici, per esempio: non c’è il galeone, nessuno suona alla porta per ingaggiare Dog, che presento addirittura con una compagna, sovvertendo la sua fama di «Casanova». Di fatto sottraggo lo stesso Dylan, lo faccio sparire: non sarà lui a dover indagare, viceversa la donna, l’ispettore Bloch e Groucho a cercare di trovarlo.

Nello specifico come accade? Chi è «Il verme bianco» del titolo?

Nell’incipit Dylan e la sua ragazza, all’uscita dal cinema dove hanno visto l’horror «The Lair of the White Worm» di Ken Russel, vengono rapinati da una banda di ragazzini, uno dei quali fugge nei tunnel della metropolitana con la borsetta trafugata. Inseguendolo, l’indagatore dell’incubo si ritrova in un cunicolo parallelo, dove una setta capeggiata da un santone combatte un feroce mostro vermiforme. Lo spunto è la criminalità minorile vista quando vivevo a Londra vent’anni fa.

Per Dylan ne consegue un ritratto da eroe o antieroe?

Partiamo dal presupposto che a mio avviso è sempre stato un finto antieroe, che, pur dimesso la spunta, sempre. Stavolta, invece, è solo in balìa di ciò che succede intorno a lui. È sospinto dalla vita, come sempre tutti i miei personaggi.

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