Il crepuscolo della tecnica «grazie a intelligenza artificiale e cultura»

Che il dominio della tecnica sia al termine? Difficile, molto difficile crederlo vista la mole senza precedenti di tecnologie nascenti o migliorate, di dati e di volontà stesse di voler fare dello strumento se non il fine ultimo, di certo oggetto di sacra venerazione. Potentissimo e inarrivabile.
Tutto ciò si può sintetizzare nel ruolo che ha e avrà l’intelligenza artificiale, vera rivoluzione nella vita degli esseri umani, dalla camera da letto fino alla fabbrica. Lunga vita alla tecnica quindi. Ma non per tutti.
«Tra cinque, al massimo dieci anni il paradigma si ribalterà e tutto ciò che è Stem (Science, technology, engineering and mathematics ndr) non sarà più centrale – è la provocazione di Lorenzo Maternini, consigliere delegato della Fondazione Randstad AI & Humanities –. Via via che andremo avanti e che l’intelligenza artificiale entrerà in modo pervasivo nelle nostre vite, mestieri come l’ingegnere informatico moriranno. E rinasceranno i filosofi, i linguisti, gli psicologici, i letterati. Perché il governo della tecnica passerà dalle mani di pochi alla piena disponibilità di tutti».
Al Mudec
Una posizione quella espressa da Maternini, e messa nero su bianco nel corso dell’incontro dalla Fondazione del quale è cofondatore al Mudec-Museo delle Culture di Milano, in totale controtendenza rispetto all’attuale pensiero comune «e sulla quale siamo apertissimi al dialogo. Sono infatti convinto che l’AI sarà presto nulla più che una “penna intelligente”, quello che per mia figlia di cinque anni è oggi Alexa: una realtà quotidiana e fisica, non qualcosa di alieno, quasi mitologico nella sua incomprensibilità».

Questo perché i sistemi di intelligenza artificiale, in particolar modo quelli generativi, «ti permettono di velocizzare, con risultati eccellenti, tutta una serie di operazioni anche molto complesse – rimarca Maternini, membro anche della Commissione intelligenza artificiale per l’informazione voluta dal governo Meloni –. Ciò è particolarmente evidente quando si tratta di linguaggi tecnologici e codici».
Dove invece la tecnologia è mancante è la fase creativa, «perché una macchina non sa e non saprà emetterà mai giudizi di valore, non formulerà ipotesi, in poche parole non creerà. E guai se lo facesse, altrimenti andremmo incontro al famoso bias». Non a caso si parla di AI generativa «perché partendo da una database di informazioni questa genera contenuti, mischiando le informazioni».
Il futuro in questa visione appartiene perciò all’Uomo, «che grazie alla sua creatività, alla sua sensibilità e alle sue conoscenze può andare a modificare sia il risultato finale del processo tecnologico sia intervenire in itinere nello stesso», portando una sorta di visione umanizzata, umanistica e periferica che non appartiene all’agire digitale. Estremizzando si potrebbe perciò dire che in un futuro non molto lontano chi si laureerà in Filosofia o Lettere o in Psicologia farà meno fatica a trovare lavoro di chi ha optato per materie tecniche.
Il ribaltamento dell’adagio «con la Cultura non si mangia» verrebbe da dire, un punto sul quale Fondazione Randstad crede fortemente tanto da far germogliare da tale convinzione tutta la sua attività. «Agiamo lungo tre linee principali – sottolinea il suo direttore –, in primis promuovendo la creazione di figure professionali di alto livello grazie a due diverse partnership, una con l’università di Cambridge, l’altra con l’Unesco e attraverso la Queen Mary University of London». Secondo pilastro è l’attività di studio, che si concretizzerà in paper e ricerche». Infine c’è la promozione di incontri.
Il futuro di Brescia
Difficile non vedere nella suggestione esposta da Lorenzo Maternini uno stimolo anche per il nostro territorio, sempre più in bilico tra un tessuto economico di primissimo piano nel panorama europeo e un mondo culturale che si sta riguadagnando spazi, in passato troppo spesso limitati dalla logica del guadagno. Qui forse si può giocare la partita per la Brescia del domani, conciliando sapere e saper fare, in pieno stile rinascimentale.
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