«L’intelligenza artificiale crescerà ancora ma non si sta lavorando sulla coscienza»

Sui giornali o in televisione, nei feed dei social e al tavolo di un bar: ovunque si parla di intelligenza artificiale. E un motivo c’è. «Il mondo è cambiato e ora è possibile conversare con le macchine intelligenti, realizzando così il sogno di Alan Turing e di molti ricercatori dagli anni ‘50 in poi - spiega Nello Cristianini, professore di Intelligenza artificiale all’Università di Bath (Regno Unito) -. Inoltre sotto diversi punti vista il 2023 è stato un anno di svolta».
Ma come si è arrivati a questo punto? «Molto dipende dal modo con il quale ciò è stato fatto» afferma lo scienziato, da 28 anni impegnato nel settore e autore anche di saggi divulgativi.
Proprio uno di questi, il volume «Machina sapiens-L’algoritmo che ci ha rubato il segreto della conoscenza» (Il Mulino 2004), sarà al centro della conferenza che si svolgerà domani alle 21 al teatro parrocchiale di Cologne e che rientra nell’ambito del festival Rinascimento Culturale.
Professore, cosa intende quando afferma che è il modo di operare che è cambiato?
«I nuovi meccanismi intelligenti, quelli che chiamiamo modelli del linguaggio, vengono addestrati facendo loro leggere quantità enormi di testi, milioni di pagine web e migliaia di libri. Il compito per il quale sono stati sviluppati è quello di completare le parti mancanti in un testo, ma imparando ad eseguirlo questi apprendono anche altre abilità linguistiche, spesso molto diverse tra di loro, spontaneamente».
Cosa intende?
«Vengono chiamate proprietà emergenti quelle nuove conoscenze e abilità, come il tradurre o lo scrivere programmi per computer, che si manifestano in questi modelli. Il come e il perché queste emergano spontaneamente non è ancora stato ben compreso».
Quindi più gli algoritmi impareranno più si svilupperanno. Quali sono perciò i possibili sviluppi futuri?
«Anche senza cambiare la tecnologia attuale c’è molta strada da fare, semplicemente aumentando i dati di addestramento. Attualmente ChatGpt (principale piattaforma di IA generativa attualmente disponibile ndr) ha letto buona parte del web e circa 10 mila libri. Si pensi però che su Google Books sono contenuti tra i 20 e i 30 milioni di volumi digitali, tantissime informazioni di qualità che potranno essere collegate tra loro e che forse porteranno alla scoperta di altre abilità emergenti che ancora non conosciamo».
Le conseguenze di ciò sono inaspettate.
«Non abbiamo mai collegato insieme tante fonti di informazione, così come non abbiamo mai dialogato con un’entità che non fosse umana. Ognuno di questi passi è nuovo per noi e può avere conseguenze inaspettate. Per esempio consideriamo l’effetto di questo incontro sulle emozioni umane: alcune persone si innamorano dell’IA, altre si spaventano, altre ancora hanno avuto la sensazione di essere alla presenza di un essere cosciente».
Ha messo diversa carne sul fuoco. Partiamo dalla paura. Le persone devono essere intimorite?
«Avere un po’ di paura è comprensibile, come dicevo siamo davanti a qualcosa di totalmente nuovo e la peggiore paura è quella dell’ignoto. Il rimedio resta però la conoscenza: l’IA la possiamo conoscere, la possiamo studiare. È però vero che la velocità di questo cambiamento può comportare problemi, per esempio nel mondo del lavoro dove creerà competizione. Possiamo però agire per tempo e il grande interesse delle istituzioni, anche sotto il profilo normativo, lo testimonia».
L’ultimo aspetto è forse quello che spaventa maggiormente le persone: un giorno le macchine saranno coscienti?
«Stiamo lavorando solo su una forma di intelligenza, una cosa ben diversa dalla coscienza: la prima è la capacità di risolvere problemi nuovi, la seconda invece quella di sentire.
E se l’intelligenza la stiamo introducendo nelle macchine, la coscienza non è nemmeno all’orizzonte e non conosco nessuno che ci stia lavorando».
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