Dal Carmine a Londra, il muro di Ghost Pitùr ricorda quello di Mobstr

Il muro rosso che Ghost Pitùr ha scelto come prima tela della sua opera di rimozione di tag e scarabocchi sui muri è già stato imbrattato due volte. E ora, a tutti gli effetti, pare di stare assistendo a una silenziosa scaramuccia tra il pulitore della notte, i writer e un quartiere – il Carmine – che non accetta del tutto le cancellature arbitrarie.
Nel giro di poco più di un mese la vicenda è diventata virale e, come prevedibile, sta alimentando un dibattito molto sentito a Brescia. Discorso che però è tutt’altro che nuovo. C’è per esempio Mr Tuvs a Roma con la sua idropulitrice, e poi c’è Cibo, artista che copre le scritte violente con altre opere d’arte urbana. Ma soprattutto, a chi conosce il mondo dell’arte, dei graffiti e della lotta all’incuria urbana in questi giorni è suonato un campanello: un altro muro – sempre rosso – aveva vissuto in passato una vicenda abbastanza simile.
Mobstr e Londra
La storia arriva da Londra, dove il writer britannico Mobstr esattamente dieci anni fa diede vita a un curioso gioco uno contro uno con la municipalità. Lui lasciava i suoi graffiti, la città li cancellava, lui rispondeva con nuovi segni e scritte che ironizzavano proprio sulla rimozione stessa o sulla tinta che i pulitori avrebbero usato («Red»): un botta e risposta continuo, documentato con fotografie e gif che raccontano di questo esperimento che è diventato screzio creativo, sociale e politico tra arte di strada e pulizia urbana.
A definirlo esperimento fu proprio Mobstr, come riportava all’epoca dei fatti il sito Sbs news: «Per anni sono passato in bicicletta davanti a questo muro andando al lavoro. Ho notato che i graffiti dipinti all’interno dell’area rossa venivano coperti con vernice rossa. Quelli al di fuori dell’area rossa, invece, venivano rimossi con l’idropulitrice. Questo ha dato il via a un esperimento. A differenza di altri lavori, ero molto incerto su quali risultati avrebbe prodotto».
Attraverso questo confronto venato di ironia e sfida, Mobstr voleva mettere in luce come i muri non siano (per lui e per il mondo del writing, ma non solo) mere superfici, ma spazi di espressione e conflitto urbano, proprio come capita oggi in Carmine. Il dibattito è partito anche a Brescia: certe espressioni visive vanno tutelate o considerate sempre degrado? Le cancellature sono legittime? C’è dietro della retorica politica o è soltanto estetica?
Il muro rosso in Carmine
Anche il muro rosso del Carmine è emblematico in questo senso, anche se i ruoli sono invertiti: il protagonista qui è il pulitore incappucciato, che non vuole demordere.
Il muro in questione (perché le altre pareti ritinteggiate sembrano per ora reggere abbastanza bene) è quello che costeggia la scuola elementare Calini. Prima che passasse Ghost Pitùr vi campeggiava un grosso «No borders». Un messaggio potente in uno dei quartieri più multietinici della città. Quell’urlo a bomboletta in particolare – più di tutti gli altri tag e scritte rimossi da Ghost Pitùr nelle scorse notti – esprimeva per tante persone un sentimento di inclusione. In quel «No borders», insomma, si riconoscevano diversi abitanti e diversi frequentatori della città che prima hanno tentato di farsi spazio in mezzo ai commenti social che elogiano Ghost Pitùr (la netta maggioranza), per poi – un paio di loro, si presume – imprimere il loro pensiero su quel muro rosso.
Ma se la prima scritta di protesta aveva un tono più simpatico («Tutti al mare»), la seconda («F*** gentrification») è ben più forte, volgare e diretta. La gentrificazione a cui si riferisce è infatti quel fenomeno urbano che porta i quartieri popolari o storici a modificarsi forzatamente, portando al progressivo spostamento della classe lavoratrice in altre zone per fare spazio a fasce sociali più abbienti.
«Né artista, né eroe»
Nel frattempo la storia di Ghost Pitùr non ha varcato solo i confini bresciani, ma anche quelli nazionali. Sono diverse le testate e le pagine social che hanno ripreso i suoi video e il suo manifesto, e addirittura alcuni giornali culturali dedicati all'arte – Artribune, per esempio – lo hanno intervistato. E c’è pure chi lo paragona a un artista, vedendo nei suoi messaggi («Questo è un atto di amore urbano») una performance o un atto di guerriglia urbana artistica. Lui, dal canto suo, continua a definirsi imbianchino e non artista. Cittadino e non eroe.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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