Il ragazzo che ama Brescia: imbianchino di giorno, supereroe urbano di notte

Sceglie lo pseudonimo Ghost Pitùr per ripulire i muri sfregiati della città in un atto, tra il senso civico e l'azione non autorizzata, che si compie di notte, nell’anonimato
Il prima e dopo il passaggio di Ghost Pitùr - © www.giornaledibrescia.it
Il prima e dopo il passaggio di Ghost Pitùr - © www.giornaledibrescia.it
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C’è un ragazzo a Brescia che ha scelto l’anonimato per restituire bellezza alla sua città. Di giorno è un imbianchino come tanti – un pitùr, come si sente chiamare in cantiere –, con un furgone bianco, secchi di colore e rulli ben ordinati.

Di notte, invece, indossa i panni di una sorta di artista invisibile e incappucciato che si prende cura dei muri della città, cancellando scritte vandaliche, segni di degrado, ferite urbane. Il gesto si muove consapevolmente tra il senso civico e l’azione non autorizzata, mentre gli altri dormono. Poi, terminato il lavoro, lascia una firma, discreta e poetica: un foglio trasparente attaccato vicino al muro appena ripulito, con la scritta «Questo è un atto d’amore urbano» e una piccola sigla che è diventata la sua identità digitale: ghostpitùr.

La firma lasciata vicino al muro ridipinto - © www.giornaledibrescia.it
La firma lasciata vicino al muro ridipinto - © www.giornaledibrescia.it

La scintilla

Il progetto non è nato per caso. È il frutto di una riflessione lucida e appassionata, maturata camminando per il centro città, dove abita. «Mi piace camminare per Brescia. Vado e vengo da casa. Ascolto i muri –, dice –, vado a sentimento e molti mi sembrano trascurati, feriti, oltre che lontani dal loro splendore originario. Da lì la scintilla».
L’idea è unire il mestiere che ama — quello dell’imbianchino — con un gesto di cura gratuita per Brescia. «È un doppio amore: per il mio lavoro che ormai faccio da anni e quello per la mia città che mi piace da sempre. Ho pensato che quei muri meritassero di tornare al loro stato primario, puliti, ordinati. Un gesto semplice, fatto bene, da chi sa farlo. Mi sembra di contribuire, nel mio piccolo, a trasmettere il senso del bello, dei luoghi curati ».

Il primo intervento è stato su un muro che conosceva bene: quello della scuola frequentata da bambino. Ha ripreso il processo – la pulizia, il colore che copre, la cura nei dettagli – e lo ha pubblicato su TikTok e Instagram. Il video ha fatto il giro dei social, superando in pochi giorni 180mila visualizzazioni e raccogliendo centinaia di commenti di approvazione, stima e gratitudine. «Sei un esempio», «Questo sì che è senso civico», si legge tra i messaggi.

«Non mi aspettavo questo riscontro così immediato – confida –, ho appena iniziato e c’è già chi vorrebbe che ci fosse qualcuno, in altre città, che possa seguire il mio esempio. Mi riempie di orgoglio e soddisfazione».

Un intendimento che è diventato anche una sorta di esperimento sociale. La pagina Instagram e l’account TikTok documentano il prima e dopo dei muri, lasciando sempre spazio all’emozione e all’intenzione. «Ci metto la stessa cura che metterei in un gesto d’amore. Perché Brescia, in fondo, è la mia innamorata». E dopo il «primo passo» ne è arrivato un secondo. Questa volta si tratta del muro di un palazzo in pieno centro storico. 

Identità

Sono pochissimi coloro che lo conoscono oltre la sua identità digitale e che hanno condiviso il suo progetto: «Si contano sulle dita di due mani. L’essere anonimo è un requisito irrinunciabile tanto quanto l’essere apolitico, non mi interessa schierarmi e non mi interessa cancellare scritte di una ipotetica fazione o l’opposta». Nemmeno a noi ha voluto rivelare il suo nome. Ma ha promesso che continuerà. «Riporterò alla bellezza tutti i muri che posso. E se qualcuno avrà da ridire, mi prenderò le mie responsabilità».

C’è anche una regola ferrea nel suo agire: non coprire mai ciò che ha un’anima artistica. Murales, disegni, scritte con un messaggio o una valenza espressiva non si toccano. «Mi interessa solo far sparire ciò che è brutto. Quello che offende l’occhio e il senso civico. Non l’arte».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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