Fabio Martini: «Craxi, l’innovatore che tradì la sinistra»

Sarà dedicato a «Bettino Craxi» l’incontro con il giornalista e scrittore Fabio Martini, in programma oggi alle 20.30 nella Sala dei Provveditori sul Lungolago di Salò per il Garda Lake History Festival. Al relatore abbiamo chiesto alcune anticipazioni.
Fabio Martini, una riflessione su Craxi non può partire che dalla sua «damnatio memoriae». Come è nata e come si perpetua? È meritata o è il frutto di una manovra politica volta a liquidare un avversario scomodo?
Questa "«damnatio memoriae» è stata creata in vita e ha resistito a lungo anche in morte. Deriva dalla carica fortemente innovativa, piaccia o non piaccia, del personaggio. S’è addossato la responsabilità di contestare il primato del Partito Comunista sulla sinistra e la Democrazia Cristiana per quel che riguarda la guida del governo. L’ha fatto con tale influenza da spingere gli avversari a ricorrere a misure estreme. Non solo i partiti, ma anche i media e la magistratura. Ne è nata una «damnatio memoriae» che solo negli ultimi tempi è stata rimessa in discussione, culminata nel messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nel 25° della scomparsa di Craxi, con la consueta precisione chirurgica nell’uso delle parole, ha messo a fuoco alcuni concetti chiarificatori.
Non c’è dubbio che nella cosiddetta opinione pubblica riflessiva si sia aperta una breccia per avviare una riconsiderazione più equilibrata del personaggio. La stessa buona accoglienza che ha avuto il film a lui dedicato ne è un indizio. Nell’opinione comune però Craxi resta sempre l’icona di Tangentopoli, del politico ladro che si è servito del denaro pubblico per ingrassare sé e per il suo partito.
È giusto distinguere l’opinione pubblica più riflessiva dal senso comune spicciolo. È perciò molto opportuna questa serie di incontri sui politici che hanno segnato il Novecento. Può servire per accorciare la distanza tra, appunto, l’opinione pubblica più consapevole e il generico senso comune.
Il dramma è che lo schiacciare Craxi sul cliché del tangentaro oscura gli elementi di innovazione che pure ha portato. Primo di questi, la contestazione dell’egemonia del Partito Comunista, che si attardava su culture passatiste, legate alla tradizione marxista.
È così. Il Partito Comunista era talmente abituato ad esercitare un’egemonia che è bastato contestarne il primato per trasformare Craxi in un traditore della sinistra, per farne un novello Mussolini. In questo c’è stata una convergenza tra la cultura comunista e la cultura neo-azionista del direttore di «Repubblica» Eugenio Scalfari, grandissimo giornalista, ma animato da un pregiudizio sfavorevole su Craxi.
Una domanda un po’ provocatoria. Nella storia d’Italia ci sono stati più politici che sono incappati in questioni di finanziamento illecito. Basti pensare a Crispi e Giolitti, entrambi coinvolti a fine Ottocento nello scandalo della Banca Romana, eppure entrambi poi trattati dalla storiografia e dagli stessi loro avversari come statisti, non come tangentari. Di tutta l’azione politica di Craxi, l’unico elemento che ha riscosso un plauso quasi corale è stata la famosa vicenda di Sigonella, quando seppe opporsi alla grande America che tentava di violare la sovranità nazionale del nostro Paese. Della soluzione per riportare la sinistra italiana nell’alveo delle sinistre europee, democratiche e liberali, come delle sue riforme (ad esempio, il presidenzialismo), non se ne è parlato più o addirittura sono state usate come accuse infamanti della sua azione politica.
La sua fine drammatica ha finito per inghiottire tutto il resto. Per questo c’è la necessità di una riconsiderazione più equilibrata e spassionata dell’azione politica svolto dal segretario del partito socialista. Anche certe accuse demolitorie della sua onorabilità, come il supposto arricchimento personale, sono state demolite. Gerardo D’Ambrosio ha escluso il suo arricchimento a spese dello Stato. Caso mai, può essere accusato di aver avuto una certa leggerezza nel manovrare il finanziamento illegale, una questione che coinvolgeva, come ormai è noto, tutti i partiti, forse escluso il solo Movimento Sociale Italiano che non ha mai fatto parte di maggioranze di governo.
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