Cultura

Difendere i monumenti in caso di guerra? Brescia studia come

La nostra città ha una mappatura dettagliata del patrimonio. Il sindaco Del Bono: «In ogni angolo un tesoro»
L’impalcatura a difesa della torre dell’orologio in piazza Loggia - Archivio Negri
L’impalcatura a difesa della torre dell’orologio in piazza Loggia - Archivio Negri
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Emilio Del Bono è sindaco di Brescia e vicepresidente Anci: in questa duplice veste sarà impegnato, a fianco del Comitato locale di Croce Rossa, nel percorso che porterà all’individuazione dei monumenti che nel 2023 riceveranno lo Scudo Blu. Ovvero il «sigillo di protezione» che la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954, ratificata dall’Italia nel 1958, e i successivi protocolli hanno individuato per la tutela del patrimonio.

Custodi

«La guerra in Ucraina - commenta il primo cittadino - ha drammaticamente riportato alla coscienza collettiva la consapevolezza che anche il patrimonio monumentale, e non solo quello umano, rischia di andare distrutto, se non viene tutelato. Ciò conferma il nostro ruolo di custodi, e non di proprietari, dei beni artistici e architettonici giunti fino a noi attraverso secoli e decenni».

«La nostra città vanta una lunghissima tradizione. Penso a ciò che avvenne a Brescia in occasione della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, quando molti tesori vennero inviati in provincia per essere custoditi. È ciò che, ancor prima, fecero quei monuments men o, chissà, monuments women, che seppellendo la Vittoria Alata hanno consentito a noi di recuperarla integra dalle viscere della terra, dove era stata seppellita forse proprio per la sua tutela». Gli archivi storici, giusto per citare qualche esempio, raccontano di come già nel 1936 il Comitato bresciano di protezione antiaerea avesse individuato la villa dei conti Fenaroli a Seniga come possibile deposito «per la protezione e la custodia del patrimonio artistico cittadino in caso di guerra». Sede ideale, quindi, dove traslare tutte le opere d’arte trasportabili dal capoluogo.

Gli altri luoghi

Non l’unico però: altri luoghi di ricovero per i tesori bresciano furono Villa Lechi a Erbusco, il convento dei Carmelitani Scalzi di Adro, il collegio missionario di Rodengo e la Casa del bibliotecario di Lonato. I principali monumenti cittadini, invece, vennero «impacchettati» per essere protetti: la chiesa dei Miracoli e la torre dell’orologio di piazza Loggia vennero ad esempio ricoperte da armature di legno e sabbia. Status quo. Oggi Brescia - spiega il sindaco - «vanta una mappatura dettagliata del suo ricco patrimonio. E a partire da qui ci confronteremo con la Croce Rossa e altri attori come la Sovrintendenza e Brescia Musei.Difficile sarà scegliere cosa sia più meritevole di tutela. Centri storici come il nostro sono scrigni di bellezza: il tessuto cittadino è così ricco di monumenti di tale valenza che fare una selezione risulta davvero difficile. Speriamo non arrivi mai il giorno in cui dovremo chiederci quale salvare».

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