Cultura

Cristina Fogazzi: «Ho vinto l'ansia grazie alla passione per l'arte»

L'Estetista Cinica presenta il suo nuovo libro che è una mappa diversa rispetto a mondi «chiusi e autoreferenziali»
Cristina Fogazzi - Foto Eleonora Proietti
Cristina Fogazzi - Foto Eleonora Proietti
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Se cambiano collocazione alle opere nella Collezione Peggy Guggenheim, lei se ne accorge e se ne dispiace. Perché l’Estetista Cinica non è solo un’estetista (ormai è chiaro che il suo sangue contiene perlopiù capacità imprenditoriali, intuizioni e parlantina). Cristina Fogazzi, saretina d’origine, è un’imprenditrice nel settore della cosmesi, ma ancor prima è un’amante dell’arte.

Tanto da decidere di racchiudere tutti i suoi luoghi del cuore in un libro ad hoc, un piccolo grand tour d’Italia che potrebbe tranquillamente trasformarsi nel mezzo ideale per avvicinare migliaia di italiani e italiane alle bellezze storiche e artistiche del Paese. Soprattutto, a quelle meno conosciute. Si intitola (ça va sans dire) «Il mio Grand Tour - Storie di luoghi, di arte e di ansia» (239 pagine, 24,90 euro), è uscito in questi giorni per Rizzoli e a parlarcene è la stessa Fogazzi.

Partiamo dal titolo: come si coniugano arte e ansia?

Chi leggerà il libro scoprirà come l’ansia mi ha bloccato per molto tempo. Per un sacco di anni non sono uscita di casa perché gli attacchi di panico non me lo permettevano, e chi li prova lo sa. Potevo muovermi solo in una zona che sentivo sicura. Ma avevo passione per l’arte, quindi leggevo e immaginavo i luoghi. La voglia di vedere le opere dal vivo è stata la molla per uscire.

Questa passione peraltro l’ha perseguita anche negli anni dell’università, quando studiava in Cattolica. Ora come mantiene l’arte nella sua vita?

Leggendo, come tutti. L’università non mi ha mai intrigato, non approfondiva come volevo. La parte di contemporaneo nei corsi non c’era e i libri di testo arrivavano agli anni Ottanta, a volte non c’erano nemmeno gli Young British Artists... Ho quindi iniziato a leggere «Flash Art» a 22 anni: la ordinavo, perché a Brescia non la teneva nessuno. E poi «Artribune», i libri presi nei bookshop dei musei... Chi ama l’arte contemporanea e vuole sapere cosa accade deve informarsi in altro modo, non sui libri di storia dell’arte. Anche perché è un mondo che spesso risulta chiuso e autoreferenziale.

L'Estetista Cinica in questi giorni impegnata anche con l'inaugurazione dell'albero di Natale a Milano -Foto Eleonora Proietti
L'Estetista Cinica in questi giorni impegnata anche con l'inaugurazione dell'albero di Natale a Milano -Foto Eleonora Proietti

In che senso?

L’arte contemporanea e le gallerie sono piuttosto chiuse, lo sono sempre state, ma ora ancora di più con i social. Vengono guardati di traverso. È un peccato, perché precludi la possibilità a un sacco di persone di fruire delle opere. Per fortuna ultimamente ci sono alcune gallerie che si stanno aprendo al mondo del web. Per il resto, non mi piace questo snobismo, questo modo di proporre l’arte contemporanea solo agli adepti, allontanando allo stesso tempo un sacco di persone.

A chi si rivolge quindi il libro?

Il libro parla di luoghi italiani meno battuti e conosciuti. Il fatto è che in Italia abbiamo così tanti luoghi belli e famosi che quelli meno noti (che all’estero sarebbero il top di gamma) passano immeritatamente in secondo piano rispetto a Roma, Venezia, gli Uffizi... È difficile guadagnarsi uno spazio. Ma anche loro racchiudono belle storie. Prendiamo Peccioli, in Toscana: lì la comunità ha saputo valorizzare una discarica. Il libro quindi è una mappa per tutti, un grand tour diverso da quello settecentesco, alternativo.

Cristina Fogazzi è originaria di Sarezzo - Foto Eleonora Proietti
Cristina Fogazzi è originaria di Sarezzo - Foto Eleonora Proietti

La sua community è ricettiva riguardo a questi argomenti?

Tantissimo. Sono molto contenta quando si fidano e vanno a vedere ciò che consiglio. Certo, non basta suggerire cose a caso... Bisogna proporre luoghi e opere gradevoli. Per esempio: Olafur Eliasson a Palazzo Strozzi di Firenze sta facendo numeri incredibili, perché di fatto incredibile è la sua arte, piace a tutti, è una bellissima esperienza ammirare le sue opere. Non ci sono ancora stata, ma un paio d’anni fa sono volata alla Tate di Londra per vedere «In real life», nello stesso luogo che aveva ospitato il suo Sole. È un esempio, un artista che può essere apprezzato anche se non si ha una profonda conoscenza dell’arte contemporanea.

Di tutti gli spazi raccontati, dal Museo Madre a Villa Lante, fino al nostro Vittoriale e al Santa Giulia, qual è quello che sente più suo?

Non ce n’è uno, ma ho una triade di preferiti: il Castello di Rivoli, la Collezione Peggy Guggenheim a Venezia e il Giardino dei Tarocchi.

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E c’è invece un’opera che la rappresenta più di tutte?

Credo l’«Impero delle luci» di Magritte. Avevo il poster nella mia prima casa, a 23 anni. Non l’avevo mai vista dal vivo e quando sono andata al Guggenheim ho scoperto che è enorme, ancora più del mio poster che già era molto grande.

A Brescia dedica un bel capitolo pieno d’amore. Vittoria Alata o Croce di Desiderio?

Croce. Mi dispiace, mi piacciono i gioielli, sono una ragazza basic! È un’opera di oreficeria incredibile. Bella la Vittoria, eh... Ma l’allestimento del Museo di Santa Giulia è così d’impatto che la Croce fa restare senza fiato.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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