Guida Michelin: Ghezzi riconquista la stella, Léveillé ne perde una

Nel firmamento Michelin nulla è scontato. E la «Rossa» lo dimostra anche nell’edizione 2026, accendendo una nuova stella sopra «Senso», il gioiello vista lago firmato Alfio Ghezzi, e spegnendone una sul tetto del «Miramonti L’Altro».
Il celebre ristorante, simbolo di gusto ed eleganza, conserva comunque un posto d’onore tra le eccellenze italiane, con un «macaron» ancora saldamente al petto del grande Philippe Léveillé. Lo chef, mentore per tanti giovani, dice di averla presa «con sportività. Va bene così. Certo, dispiace. Ma continuerò a fare il mio lavoro come prima». Sul ristorante con i Quattro Cappelli dell’Espresso e le Tre Forchette del Gambero resta comunque una stella.

Niente da fare, invece, per insegne da tempo considerate papabili come «Dina» di Alberto Gipponi e «Forme» di Arianna Gatti, che restano fuori dalla galassia Michelin. Nessun raddoppio, infine, per il «Lido 84» del premiatissimo (nel mondo) Riccardo Camanini, che mantiene la sua stella, ma non ottiene il bis.
Il resto sono conferme: le due stelle di Villa Feltrinelli (chef Stefano Baiocco); la verde del Colmetto e gli altri ristoranti con una stella. Nessuna brilla in città, da quando si è spenta quella de «La Piazzetta», tempio del grande Graziano Cominelli, che ora si gode la pensione all’«Osteria Cominelli» di Folzano. La «Rossa» in questi anni ha premiato perlopiù ristoranti gardesani: nella galassia bresciana 11 stellati su 17 si trovano in questa zona.
Allargando lo sguardo all’Italia nella guida 2026 diventano 15 i ristoranti con tre stelle (massimo riconoscimento): a fare il salto è stato «La Rei Natura» dello chef Michelangelo Mammoliti a Serralunga d’Alba (Cn). I ristoranti con due stelle passano da 36 a 38 e quelli con una diventano 341. Nella classifica per regioni, la Lombardia mantiene la leadership con 64 ristoranti stellati.
Il racconto
La temutissima «Star revelation» si è tenuta ieri all’ora di pranzo al Teatro Regio di Parma. Unico chef bresciano (d’adozione) a essere stato invitato, il trentino Ghezzi che, conclusa l’esperienza al «Mart» di Rovereto, nella nostra provincia si dedica a «Senso», ristorante del cinque stelle lusso «Eala» di Limone, ora chiuso per la pausa invernale. Per lui il viaggio nel cuore dell’Emilia è valso una doppia soddisfazione: la stella e il premio «Passion dessert».

Come ci si sente? «La Michelin suscita sempre grandi emozioni», confessa lui che aveva già visto brillare due stelle sulla «Locanda Margon» e una sul «Mart»: «Per chi passa tanto tempo in cucina questo non è solo un lavoro, è molto di più». Ghezzi parla di «risultato collettivo, merito di tutto il team e della famiglia Risatti, che ci dà i mezzi per fare bene». Guardando a se stesso si definisce «un cuoco di montagna», che dalla montagna ha preso la determinazione, la coerenza, il rispetto, l’idea di armonia. La sua è una cucina «di grande eleganza – dicono gli esperti della "Rossa"–, a tratti essenziali (ma non semplici), senza inutili complicazioni, per valorizzare straordinari ingredienti». Una cucina, aggiunge lui, in cui «c’è il lago, ma non solo. Sono in una terra fantastica: qui, in pochi chilometri, abbiamo tutta la biodiversità d’Italia».
Fondamentale nel suo percorso è stato l’incontro con Gualtiero Marchesi (suo maestro a Roma e a Cannes): «Di lui ricordo l’immensità del cuoco, la sensibilità verso il bello e il rapporto tra noi che andava oltre la cucina: a Cannes passeggiavamo e chiacchieravamo per ore».
C’è il «magistero marchesiano» nei dessert di «Senso»: «Per il maestro nei menù degustazione il vertice erano i secondi. I dolci non dovevano essere troppo dolci. I nostri si ispirano a quel concetto e, oltre ad avere meno zucchero, contengono vegetali». Nella carriera di Ghezzi, ammette, «ci sono stati alti e bassi, ma sono rimasto sul percorso anche quando sembrava che le soddisfazioni non arrivassero: la svolta può avvenire in ogni momento».
Franciacorta
A Parma tra i 22 chef che si sono visti cucire sulla giacca il primo «macaron» c’era anche Fabio Abbattista, ora a Milano nel suo «Abba», ma fino a pochi anni fa all’«Albereta» di Erbusco. Anche in questa edizione il Consorzio Franciacorta era presente in qualità di «sparkling wine partner» e sostenitore del premio Miglior sommelier, assegnato a Ivana Capraro del ristorante «Castel Fine Dining» di Tirolo, Bolzano.
Sul palco con la presentatrice Giorgia Surina, il nuovo presidente Emanuele Rabotti ha elogiato la figura del sommelier che «quando apre una bottiglia racconta una storia, parla di tradizione e di coraggio». Inevitabile un riferimento al Franciacorta, «capace di trasformare un momento ludico in un momento indimenticabile».
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