L’Università ospita Tajani: chiede l’impegno a far cessare il fuoco a Gaza

L’eco dei bombardamenti israeliani che hanno raso al suolo Gaza e lasciato tra le macerie più di 50mila morti, dei quali 15mila sono bambini, da mesi scuote dal suo interno anche l’Università degli Studi di Brescia. Le preoccupazioni, l’orrore, l’indignazione dei singoli professori, degli amministrativi e degli studenti nelle ultime ore si sono tradotti in una presa di posizione collettiva.
A far saltare la sordina ad una protesta che, pur nella compostezza, sobbolle da tempo nelle aule e negli uffici dell’Ateneo è la presenza, a partire dalle 11, del vicepremier Antonio Tajani nell’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza in via San Faustino 41 per la presentazione del corso di studi in Scienze Politiche e Sociali.
L’appello
Circa trecento dipendenti hanno firmato una lettera aperta al rettore Francesco Castelli perché consegni a Tajani le loro preoccupazioni e le loro richieste. «Caro Rettore, siamo docenti, studenti, lavoratrici e lavoratori impiegati negli uffici, laboratori, biblioteche dell'Ateneo. Ci sentiamo parte della comunità universitaria e perciò sentiamo l’esigenza di scriverle. Come molti nel mondo intero, siamo oppressi dall’angoscia per quanto sta accadendo a Gaza.

Avvertiamo la necessità – ogni ora più urgente – di interventi capaci di far cessare l’orrore che da mesi e mesi cresce sotto i nostri occhi. Se non interverremo per arrestare l’orrore – si legge nella lettera – ne saremo corresponsabili, come affermano voci per fortuna sempre più numerose anche nella società israeliana e nella diaspora ebraica internazionale. Dall’interno e dall’esterno della comunità universitaria stanno arrivando rilievi critici sull’opportunità dell’invito al ministro Tajani. Non interveniamo su questo. Ci preme mantenere tutto il fuoco dell’attenzione sull’urgenza di porre fine all’orrore».
I firmatari dell’appello chiedono a Castelli di consegnare al vicepremier la loro «accorata e pressante richiesta di un cambio di rotta, affinché senza alcun indugio vengano assunte tutte le iniziative in grado di contribuire a fermare i bombardamenti, ad un’autentica azione umanitaria gestita da organismi internazionali accreditati per sfamare, assistere e curare la popolazione di Gaza, e a bloccare ogni progetto di annientamento o espulsione dell’intero popolo palestinese. C’è l’indifferibile necessità di atti concreti; non bastano più le dichiarazioni rituali – sottoscrivono i firmatari dell’appello –. Questo risulta chiaro a chiunque non preferisca voltarsi dall’altra parte, ad ogni coscienza che non voglia rinunciare alla propria umanità». Professori, studenti e dipendenti dei UniBs si augurano la liberazione delle persone in mano ad Hamas dal 7 ottobre di due anni fa e si dicono convinti che per ottenerla quella del cessate il fuoco sia «la strada da seguire, come ci ricordano gli stessi parenti degli ostaggi».
L’invito è stato raccolto. Il rettore, come ci ha riferito e scriviamo qui a fianco, condivide lo spirito dell’appello e si è detto pronto a farlo avere al ministro.
La protesta
A Tajani, ma senza intermediari, oggi si rivolgeranno anche i «Giovani Palestinesi» e il Coordinamento Palestina di Brescia che hanno annunciato un presidio di protesta proprio contro il ministro degli Esteri. «Fuori Tajani, fuori Israele. L’Università non deve essere complice di un genocidio» questo il leit motiv dell’iniziativa antagonista.
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