Uccise il marito, come si è arrivati all’annullamento dell’ergastolo

Ratificato il concordato condiviso da accusa e difesa: Raffaella Ragnoli, che uccise a Nuvolento il marito con 32 coltellate, dovrà scontare 18 anni
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L'avvocata De Mattei: «Giustizia giusta»
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Meritava le attenuanti. Non l’ergastolo. Da sempre ne sono convinti i difensori di Raffaella Ragnoli. Nel tempo se n’è convinta anche la pubblica accusa. Da ieri lo ritengono anche i giudici della corte d’assise d’appello che in un’ora di camera di consiglio hanno tramutato questa convinzione in una drastica revisione della condanna e, come suggerito dalla richiesta di concordato condivisa dalle parti, hanno condannato a 18 anni di carcere la 58enne che la sera del 28 gennaio di due anni fa, nella cucina di casa, sotto gli occhi del loro figlio più piccolo, inflisse 32 coltellate al marito.

Per arrivare a questa soluzione gli avvocati della casalinga detenuta a Verziano da allora hanno rinunciato a due dei motivi di appello inseriti nel loro ricorso, quelli relativi alla legittima difesa e allo stato d’ira provocato da fatto ingiusto, mentre il sostituto procuratore ha chiesto che alla donna venissero accordate le attenuanti generiche.

Secondo Domenico Chiaro Raffaella Ragnoli versava in uno stato di perdurante stress provocato dalla «pesantezza» di suo marito. Romano Fagoni, da poco tornato a casa dall’ospedale dov’era stato ricoverato per disturbi cardiaci, era depresso, aggressivo nella sua passività, spesso in condizioni psicofisiche alterate dall’alcol. Vivere al suo fianco era tutt’altro che facile. Raffaella Ragnoli non lo aveva mai denunciato, né in passato né negli ultimi tempi anche se sopportarlo era divenuto sempre più complicato.

L’omicidio

La sera nella quale la donna ha cambiato per sempre il destino della sua famiglia per l’accusa è profondamente segnata da questa pesantezza. La donna, suo marito e loro figlio all’epoca sedicenne sono a tavola, davanti ai cartoni della pizza. Lui ha bevuto una birra di più. Vuole fumare. Su vizi, che i medici gli hanno sconsigliato di alimentare, si scatena l’ennesima lite. Raffaella e il figlio lo rimbrottano, lui reagisce impugnando il coltello con il quale ha appena cenato e lo punta verso il figlio.

La moglie accende il registratore del telefono, agli atti finisce l’audio al centro della condanna all’ergastolo inflitta in primo grado alla donna. Lei, invece di provare a disarmarlo, lo aizza: «Provaci! Guardiamo se hai il coraggio». Poi il registratore si spegne ed è l’inferno.

Nelle mani della 58enne spunta un coltello che finisce in un lampo nel corpo dell’uomo. Fagoni guarda sorpreso la moglie: «Ma Raffy cosa fai?» le chiede prima di stramazzare al suolo e trovarsela cavalcioni con un altro coltello che porterà alla sua morte e a 32 il conto complessivo delle coltellate. Il registratore del telefono a quel punto tornerà a registrare il dramma. In particolare lo strazio del figlio che, tra le urla, smonterà per primo l’ipotesi della legittima difesa. «Ma cosa hai fatto?» grida il giovanissimo. «Papà non mi avrebbe mai fatto male e tu adesso te ne andrai in carcere». «Non importa. L’ho fatto per voi, per liberarvi» risponde la madre, convinta allora come oggi di aver agito per legittima difesa.

Quel buco nella registrazione per i giudici di primo grado era indice, se non della premeditazione nel delitto, quanto meno della sua preordinazione. Di opposto avviso il sostituto pg. Non era la prima volta che Raffaella Ragnoli registrava le intemperanze del marito. «Non c’è prova che abbia spento apposta il telefono prima di accoltellare il marito e che lo abbia riacceso per registrare la reazione del figlio. Anche perché più di una versione concordata per fare largo alla legittima difesa, la disperazione del figlio ha ottenuto il risultato contrario».

Argomentazioni, quelle spese dalla pubblica accusa, che hanno fatto breccia nella corte d’assise d’appello presieduta da Eliana Genovese (Anna Maria Dalla Libera, a latere). Dopo un’ora di camera di consiglio infatti i giudici sono tornati in aula con una prospettiva diversa per la donna. Dopo la lettura del nuovo verdetto i figli di Raffaella Ragnoli si sono abbracciati a lungo, mentre il sostituto pg Domenico Chiaro, dopo aver chiesto il permesso di farlo all’imputata, si è avvicinato alla sua gabbia per salutarla e scambiare con lei qualche parola.  

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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