Strage Loggia: «Il giorno prima Buzzi aveva una bomba in macchina»

Alla fine è ripartito. E l’ha fatto con un’udienza tutt’altro che banale. Il processo a carico di Roberto Zorzi, per la fase esecutiva della strage di piazza della Loggia, ieri è tornato in aula dopo due rinvii legati alle indisponibilità del presidente della Corte d’assise Roberto Spanò per registrare la testimonianza di una persona che in quegli anni, in quei mesi e in quei giorni era particolarmente «sul pezzo»: Ferdinando Trappa.
La testimonianza
Trappa era in rapporti stretti con Ermanno Buzzi. All’epoca passava giornate intere e condivideva business con l’uomo passato alla storia delle inchieste sulla bomba del 28 maggio prima come responsabile, poi come «cadavere da assolvere» e infine, per la sentenza che più di trent’anni dopo la sua morte ha condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, come basista bresciano dell’ordigno partito da Venezia. Allora era legato a lui. Oggi lo è alla sua memoria.
Nonostante non voglia che lo si definisca suo amico, è sufficiente che in aula qualcuno ribadisca sul conto di Buzzi definizioni che, a suo modo di vedere, ne offuscano la memoria, per farlo scattare. Pensando alla morte del suo «conoscente» Buzzi e a come è morto (ucciso da Tuti e Concutelli pochi giorni dopo il suo trasferimento nel carcere di Novara) Trappa perde proprio la calma. «Mi spiegate perché fu spostato da Brescia? Perché quel un magistrato decise di trasferirlo prima del processo di appello? Forse perché sapeva cose che non piacevano a qualcuno?».
Quali cose Buzzi sapesse è domanda che il presidente della Corte non tarda a fare. Trappa glissa, ma il suo contributo al processo comunque non ne risente. Interrogato più volte negli anni, ieri ha confermato i verbali rilasciati tra il 2016 e il 2021, con tutti i relativi aggiustamenti. L’ultima volta che fu sentito disse che la sera della morte di Silvio Ferrari si era trovato in auto con «Zorzi (l’imputato, ndr), Buzzi e tale Ivo». Disse anche che «su quella macchina c’era una scatola di cartone. Ad un certo punto della discussione, che verteva sul Blue Note, che secondo loro doveva essere fatto saltare perché era un ritrovo di pervertiti, il Buzzi disse che nella scatola c’era la bomba proprio per il Blue Note. Ero sconvolto dal contrasto tra le affermazioni dello Zorzi ed il suo desiderio di punire, per nome di Dio, quelli che frequentavano quel locale».
«Roba pesante»
Nello stesso verbale, confermato ieri in Tribunale, Ferdinando Trappa parlò di una seconda scatola. «La sera prima della strage Buzzi venne a trovarmi a casa. Gli avevo chiesto una pistola per fare un lavoro – disse nel 2021 al generale Giraudo Trappa e l’ha confermato ieri –. Ci avvicinammo alla sua Mini Minor, lui prese un borsone contenente due pistole e una mitraglietta. A quel punto non mi servivano più. Buzzi si arrabbiò perché l’avevo mandato in giro con delle armi. Gli dissi che le avrei tenute per lui, ma lui mi rispose di non preoccuparmi e mi indicò, sul sedile posteriore, una scatola di cartone analoga a quella che vidi la sera prima della morte di Silvio Ferrari. Mi disse che conteneva roba pesante, io che avevo già vissuto l’altro episodio, mi convinsi che c’era un’altra bomba». E c’era davvero? Sollecitato dal presidente a dire di più sul contenuto di quella scatola, Trappa resta sulla sua. Assicura di non averne voluto sapere. In sospeso resta un sospetto.
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