Referendum licenziamenti, Bertoli (Cgil): «Una battaglia di dignità»

oggi il «comitato per il sì» con l’infopoint sarà presente, dalle 9, nei mercati di Lumezzane, Gavardo e Manerbio, mentre alle 20.30 si parlerà della consultazione all’Auser di Botticino
Francesco Bertoli © www.giornaledibrescia.it
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«Il tema dei licenziamenti illegittimi non è certo nuovo. Riprendiamo quella che è una battaglia che portiamo avanti da tanto tempo. Una battaglia di dignità e di civiltà». Le parole sono quelle di Francesco Bertoli, segretario generale della Camera del Lavoro di Brescia. La Cgil è tra i principali organismi che si sono fatti promotori della campagna referendaria.

«Oggi una persona può venire licenziata e, pur avendo ragione, può non essere reintegrata. Questo è lesivo della dignità delle persone, è una battaglia sindacale, ma non solo. Si tratta di un punto importantissimo: quando abbiamo vinto cause in questo ambito, abbiamo registrato effetti di carattere collettivo. Dove perdiamo, sui licenziamenti, abbiamo ripercussioni negative sull’intero ambiente lavorativo: lavoratori facilmente licenziabili sono più ricattabili».

Bertoli è granitico: «Chi è stato assunto dopo il 2015 non gode del diritto al reintegro, anche nelle aziende sopra i 15 dipendenti: va abrogata una norma sbagliata che divide il mondo del lavoro. Spesso incontriamo persone che, cambiando lavoro, rinunciano purtroppo a tutele che prima esistevano».

Le iniziative

Proprio per tenere alta l’attenzione sul voto dell’8 e del 9 giugno, proseguono le iniziative sul territorio: oggi il «comitato per il sì» con l’infopoint sarà presente, dalle 9, nei mercati di Lumezzane, Gavardo e Manerbio, mentre alle 20.30 si parlerà della consultazione all’Auser di Botticino (via Cave, 74). A mobilitarsi sono anche i pensionati: «In tutto il comprensorio bresciano sono in campo gli attivisti Spi Cgil per sostenere le ragioni dei cinque sì.

C’è nei pensionati una naturale solidarietà con chi lavora. Una solidarietà fatta della consapevolezza che il sistema previdenziale e di welfare del Paese regge sul lavoro. Ma c’è di più, c’è un sentimento che in questi anni è accresciuto: l’inquietudine per le condizioni di lavoro di figli e nipoti. Per il lavoro precario, svilito, poco sicuro, quello che non consente di programmare un futuro. Un lavoro peggiore di quello che hanno conosciuto, in molti casi, i pensionati di oggi».

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