Progetto Cad: «Fare rete per l’inclusione delle persone con disabilità»

Barbara Fenotti
Se n’è parlato ieri al convegno all’Università Cattolica. La ministra Locatelli: «Il modello Brescia riferimento a livello nazionale»
Un momento del convegno di ieri - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Un momento del convegno di ieri - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Una città inclusiva non si misura soltanto dalla qualità dei servizi ma anche dalla capacità di ogni comunità di offrire opportunità. È il senso del progetto «Comunità amiche della disabilità» (Cad), protagonista ieri del convegno ospitato nell’aula magna dell’Università Cattolica nell’ambito del Festival dell’educazione.

L’obiettivo

Un percorso che a Brescia è attivo da alcuni anni e che punta a un riconoscimento, un vero e proprio marchio, capace di valorizzare non solo le istituzioni e i servizi sociosanitari ma l’intero tessuto locale: famiglie, associazioni, mondo del lavoro, sport, cultura e tempo libero. Ad aprire il convegno il professor Roberto Franchini, coordinatore scientifico del progetto, che ha sottolineato come il Cad si fondi su due «polmoni»: la comunità come scenario di opportunità e il progetto di vita come metodo per renderle concrete.

La parola è andata poi a Felice Scalvini, presidente di Fondazione Asm, il quale ha invitato i presenti – tra cui molti studenti impegnati in studi di carattere sociale – a cambiare sguardo: «Occorrerebbe partire non dai singoli bisogni ma dalle possibilità: ogni persona, anche la più fragile, ha attorno frammenti di comunità, che vanno riconosciuti e messi in circolo».

La lettera della ministra

Claudia Pedercini, direttore dell’Ambito 9, ha portato l’esperienza dei territori già coinvolti, mentre Giovanni Miselli ha richiamato la necessità che i progetti di vita «garantiscano dignità e accesso a opportunità reali per tutti». In questo anche le istituzioni hanno un ruolo cruciale. Un concetto ribadito anche dalle parole della ministra per le disabilità Alessandra Locatelli, che ha affidato a una lettera il suo saluto e l’apprezzamento nei confronti del progetto Cad.

«Solo lavorando insieme gli enti del Terzo settore, le istituzioni, le famiglie e il mondo accademico saranno in grado di stabilire modelli per l’inclusione e l’autonomia delle persone con disabilità» sono state le parole della ministra. Un percorso, quello bresciano, che si conferma fra i più avanzati in Italia, capace di far dialogare fondazioni filantropiche, università e istituzioni locali. Cristiana Paladini, del Centro Studi Socialis, ha infine sottolineato come «il marchio Cad rappresenti una leva di cambiamento e di coprogettazione».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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