Cronaca

Strage, processo Zorzi: «Soffiati diede esplosivo ai veronesi»

Nel processo a carico di Roberto Zorzi torna il percorso dell’ordigno, ma si parla anche dei rapporti con la cellula di Mestre
La colonna sbrecciata dopo lo scoppio - © www.giornaledibrescia.it
La colonna sbrecciata dopo lo scoppio - © www.giornaledibrescia.it
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Il passaggio di mano dell’esplosivo «da Marcello Soffiati ai ragazzi di Verona», il contatto tra il nucleo di Ordine Nuovo di Verona di Massagrande e Besutti con quello di Mestre di Carlo Maria Maggi, condannato come mandante, e il ruolo che Roberto Zorzi aveva nel gruppo veronese «uno che cercava sempre lo scontro, un violento, un eversivo», oltre al sospetto di alcuni militanti dell’epoca che il gruppo fosse infiltrato dai servizi segreti, probabilmente americani.

Sono questi gli elementi emersi nel corso della lunga udienza del processo davanti alla Corte di Assise a carico di Roberto Zorzi, ritenuto, insieme a Marco Toffaloni, condannato in primo grado dal Tribunale per i minorenni, l’esecutore materiale della Strage di piazza Loggia, l’esplosione che il 28 maggio 1974 provocò 8 morti e 102 feriti.

Il carabiniere

L’udienza si è aperta con la testimonianza del maresciallo dei carabinieri Gianni Caroselli che si è occupato, insieme al colonnello Giraudo, delle indagini dal 2011 in poi. Proprio sull’ufficiale con cui ha lavorato, rispondendo a precisa domanda ha spiegato: «Non lo ho mai visto suggerire risposte ad un testimone. Non siamo amici e abbiamo un modo diverso di lavorare ma lo conosco come un professionista serio e scrupoloso». Entrando poi nel dettaglio degli approfondimenti che ha svolto ha ricordato di aver «seguito la scia di sangue» e di aver ricostruito i rapporti all’interno della cellula veronese di Ordine Nuovo e la vicinanza e condivisione di intenti e metodi tra Zorzi e Toffaloni.

Il passaggio degli esplosivi

Su Ombretta Giacomazzi ha inoltre chiarito: «Giraudo non voleva sentirla perché nei precedenti interrogatori aveva detto poco. Io capivo che voleva parlare e quando è morto l’allora capitano Delfino ho capito che forse il tempo era giunto. E così è stato». In un passaggio il carabiniere ha ricostruito quanto messo a verbale da un testimone poi deceduto: «Soffiati aveva dato degli esplosivi ai ragazzi di Verona» riferendosi ad una gita fatta a Colognola ai Colli, nel veronese, dove la famiglia di Soffiati aveva una trattoria. Nella stessa zona ci sarebbe stato un Nasco, un deposito di armi e munizioni legato a Gladio, di cui alcuni ordinovisti conoscevano l’ubicazione.

Militanti delusi

Proprio su Marcello Soffiati si sono concentrate anche alcune delle testimonianze successive. L’ex militante di Ordine Nuovo Stefano Rosso ha spiegato di «aver lasciato il gruppo alla fine del 1973 quando ho avuto l’impressione che fossimo manovrati dai servizi» e ancora «Soffiati sbandierava il fatto di lavorare per la Cia e Massagrande non lo ha mai smentito». Nel periodo della militanza «ho sentito nominare anche la Loggia P2, che allora nessuno conosceva, relativamente a questioni finanziarie». Ha parlato più delle dinamiche interne del gruppo Claudio Lodi: anche lui si era allontanato da Ordine Nuovo ma perché non condivideva la linea eversiva «ero più interessato a ideologia e filosofia» ha detto in aula. Parlando di Zorzi lo ha descritto come «uno naturale, non era una cima. Era un tipo violento, cercava sempre lo scontro non solo con la sinistra ma anche con altri gruppi di destra. Era un soggetto eversivo».

Le possibili infiltrazioni

Tornando sui temi delle possibili infiltrazioni da parte di intelligence straniere, Lodi ha ricordato che «c’era un americano, ex militare, che non era iscritto ma partecipava alle nostre manifestazioni e riunioni, faceva delle foto» e che in una occasione «sono arrivato in sede quando Massagrande stava parlando con lui mentre Besutti era in un’altra stanza. Quando l’americano era uscito Massagrande disse "siamo riusciti a spillare soldi all’ebreo americano"». Rispetto all’auto, la Diane azzurrina di Massagrande che Zorzi avrebbe usato per accompagnare Toffaloni a Brescia a piazzare la bomba, l’ex militante ha confermato che «la prestava ad alcune persone, non a tutti» e che «Zorzi aveva la patente, Toffaloni no».

I rapporti con Maggi

Claudio Lodi ha anche tracciato un collegamento diretto tra la cellula di Ordine Nuovo di Mestre e quella di Verona, tra quelli che le sentenze hanno ritenuto i mandanti della Strage e quelli che, nei processi aperti, sono considerati gli esecutori materiali. «Soffiati mi ha presentato Carlo Maria Maggi, era venuto ad una riunione nella nostra sede di Verona e in un’altra occasione mi ha presentato Carlo Digilio».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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