Primari con debiti «anche da mille ore», è polemica al Civile
Alcuni primari avrebbero lavorato meno del dovuto accumulando «fino a mille ore di debito» nei confronti dell’ospedale pubblico. E quindi dello Stato. È quanto sarebbe accaduto negli ultimi anni all’Asst Spedali Civili.
Controllo della timbratura
A riferirlo è Diego Benetti, responsabile provinciale del sindacato Anaao Assomed: «La questione è delicata: se il presunto debito orario una volta confermato non venisse saldato si paventerebbe un danno erariale. Vogliamo quindi vederci chiaro senza accusare né una parte né l’altra: abbiamo già in programma un incontro con la direzione. In quell’occasione cercheremo di capire perché la notifica di questi presunti debiti che riguardano le timbrature degli ultimi sei anni sia arrivata soltanto di recente e non anno dopo anno. Se il problema fosse emerso subito non avrebbe raggiunto la dimensione che ha ora. E, altra cosa, durante l’incontro ci faremo spiegare come il calcolo è stato eseguito: a noi risulta che il contratto nazionale preveda 37 ore di lavoro a settimana».
Ovviamente nessuno fa nomi di persone o reparti. Benetti accenna solo al fatto che siano «molti i soggetti coinvolti. Oltre ad avere un incarico in ospedale svolgono la libera professione». Ora l’Asst Spedali Civili – ricordiamo – vanta oltre settemila dipendenti, esegue 120 interventi chirurgici e duemila visite al giorno e conta all’incirca 150mila accessi l’anno nei suoi pronto soccorso.
Fuga dai reparti
Detto ciò «ci preme al più presto imbastire un discorso chiarificatore». Se il problema venisse confermato escludendo errori di calcolo, il tutto sarebbe avvenuto in anni caratterizzati dalla fuga di personale dagli ospedali. Fuga che «interessa anche il Civile e in particolare alcuni reparti». Già in vista dello sciopero del 20 novembre il sindacalista aveva parlato di «malcontento diffuso. È evidente la necessità di riformare completamente il Sistema. Molti medici si sono trasferirsi all’estero. Alcuni chiedono il prepensionamento per andare nel privato. Altri sono diventati medici di famiglia».
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