Chi sono i fermati per la maxi truffa all’Opera di Santa Maria del Fiore

Al centro dell’inchiesta della Procura di Brescia ci sono i fratelli Luca e Daniele Bertoli, originari di Telgate (Bergamo). Ecco come operavano
Un momento dei sequestri
Un momento dei sequestri
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Al centro dell’inchiesta della Procura di Brescia per la maxi truffa milionaria ai danni dell’onlus Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze ci sono due fratelli. Si tratta di Luca Bertoli, 59 anni, e del fratello Daniele, 65 anni, entrambi nati a Telgate, in provincia di Bergamo.

In manette sono finiti poi Chunhui Hu, 44 anni, Shuzhen Hu, 71 anni, Huihui Hong, 38 anni, Weihong Xu, 31 anni, Denison Hiluku,35 anni, Iacopo Antonioli, 33 enne bergamasco di Calcinate, Abidemi Ouluwatosin Falana, 43 anni e Antonino De Salvo, 56 anni.

Come operavano i fratelli Bertoli

Secondo i pubblici ministeri Jacopo Berardi e Flavio Mastrototaro, che hanno firmato il decreto di fermo come persona indiziata di delitto nei confronti di 9 persone, Luca Bertoli aveva la disponibilità di conti bancari esteri, emersi nel corso delle investigazioni.

Nonostante le prescrizioni imposte nei suoi confronti dal Tribunale di sorveglianza di Venezia, che aveva firmato un divieto di allontanarsi dalla provincia di residenza e di frequentare soggetti pregiudicati, «l’imprenditore si è mosso recandosi più volte a Milano per formalizzare incontri finalizzati alla restituzione denaro contante». Secondo le intercettazioni era pronto a scappare dall’Italia: «Sto aspettando il 13 di pagarvi poi scappo, poi me ne vado» ha detto.

Daniele Bertoli è invece considerato fidato collaboratore del fratello e «dispone di una maggiore capacità di movimento», tanto che a lui sono state affidate «trasferte all’estero per concretizzare operazioni bancarie con l’appoggio dei conti correnti stranieri, soprattutto in Polonia».

La truffa all’Opera di Santa Maria del Fiore

«Nel caso della onlus di Firenze, chi ha versato il denaro era convinto di pagare il fornitore di un'opera di restauro ma in realtà stava accreditando il denaro su un conto corrente bancario che fa capo all'organizzazione criminale. In questo caso l'Iban era appoggiato su una banca di Lumezzane in provincia di Brescia». È la ricostruzione del procuratore capo di Brescia Francesco Prete.

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L'edificio in via dello Studio a Firenze che la onlus sta restaurando

L’Opera di Santa Maria del Fiore in una nota ha ringraziato la Procura di Brescia «per l’importante lavoro svolto in merito a un'indagine che ci vede parte lesa, insieme ad alcuni fornitori, per un importo complessivamente pari a circa 1,4 milioni. Le indagini sono partite grazie alla denuncia fatta dall’Opera nel 2024, nell’immediatezza della truffa informatica subita».

Tutto parte da una denuncia

È di agosto 2024 la denuncia di Fabrizio Lucchetti, direttore dell’opera Santa Maria del Fiore di Firenze. Racconta di aver stipulato un contratto con una società edile per lo svolgimento di alcuni lavori per l’importo complessivo di oltre un milione e mezzo di euro.

Dalle indagini emerge però che truffatori hanno intercettato lo scambio di email tra l’Opera e i soggetti con cui l’ente aveva rapporti economici e il bonifico da oltre un milione 700mila euro è stato dirottato su una società legalmente rappresentata da un bresciano di Lumezzane, già con numerosi precedenti.

Il bresciano lo scorso 27 agosto viene fermato dai carabinieri mentre si trova nella filiale di una banca di Sarezzo, nel Bresciano, per richiedere lo sblocco del conto corrente della sua società. L’uomo fa mettere a verbale di non essere in grado di fornire alcuna spiegazione in merito agli importi finiti sul suo conto corrente e specifica che erano «tutte operazioni finanziarie gestite da Antonio De Salvo», uno dei nove fermati nell’ambito dell’inchiesta della procura di Brescia.

Risentito dagli inquirenti mesi dopo, il bresciano – oggi indagato – dice: «De Salvo è un amico di vecchia data e mi propose a fronte di un compenso di 50mila euro di ricevere sul conto della mia società importi di denaro da una società di Firenze per trasferirli su conti correnti terzi, dicendomi che quest’operazione doveva consentire ad una società estera di De Salvo di acquistare dei terreni in Spagna. Non sapevo che il denaro fosse provento di illecita attività ma ne avevo solo il sospetto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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