La qualità migliora, ma non abbastanza: l’aria resta malata

Negli ultimi anni è stata costante la diminuzione del Pm2,5, più altalenante quella del Pm10: trasporti e industrie sempre osservati speciali
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Smog, l'aria resta malata
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Limitazioni alla circolazione delle automobili e contenimento delle temperatura nelle case, divieto di accendere falò e di cucinare barbecue. Ogni anno quando la qualità dell’aria peggiora e Pm10 e Pm2,5 superano i limiti consentiti, il Comune di Brescia interviene con delle ordinanze che cercano di ridurre l’inquinamento da polveri sottili. E proprio perché le misure vengono prese con una certa regolarità – tendenzialmente nella stagione invernale – sembra che la situazione non sia mai migliorata.

In realtà i dati di Arpa restituiscono un quadro leggermente positivo. Magari non in termini assoluti, ma se si confrontano i numeri del 2023 con quelli degli anni precedenti si intravede un timido abbassamento delle condizioni critiche.

A confronto

Per monitorare la qualità dell’aria in città si tengono dunque in considerazione Pm10 e Pm2,5. Per la prima tipologia di particolato i valori di riferimento sono due: uno giornaliero (per tenere conto degli effetti acuti) e uno annuale (per tenere in considerazione invece gli effetti di esposizione prolungata): il Pm10 non deve superare la soglia di 50 µg/m³ per più di 35 giorni all’anno e complessivamente la sua concentrazione dev’essere inferiore a 40 µg/m³ nell’arco dei 365 giorni. Per il Pm2,5 il limite medio annuo è invece di 25 microgrammi per metro cubo.

A Brescia ci sono 3 centraline che misurano il Pm10, Broletto, Villaggio Sereno e Tartaglia, alle quali si aggiungono quelle di Rezzato e Sarezzo che danno un quadro più completo dell’agglomerato urbano. Nel 2023 le postazioni del Broletto e del Tartaglia hanno superato 50 µg/m³ per meno di 35 giorni: 30 la prima e 32 la seconda. Oltre il limite invece la centralina di Villaggio Sereno (40 giorni) e quella di Rezzato (72 giorni); a Sarezzo la postazione è andata oltre la soglia solo per 5 volte in un anno.

Rispetto al 2022 si osserva un lieve calo, anche se si prende in considerazione la concentrazione media annuale di Pm10 e non solo la soglia dei giorni da non superare, ma l’andamento – pur tendendo verso il basso – negli ultimi anni è stato piuttosto altalenante e non segna un trend convintamente positivo. Più lineare la diminuzione del Pm2,5: sul territorio comunale nel 2023 il limite è stato rispettato in tutte le centraline (qui le rilevazioni si fanno anche in quella di San Polo) e dal 2017 a oggi la media registrata nell’intero anno è sempre scesa (senza grossi picchi).

Le cause

Ma quali sono le attività che inquinano di più? È questa la domanda che si pongono tutti. Secondo la Loggia – che fa però riferimento ai dati Inemar (Inventario emissioni aria) 2019 – il trasporto su strada è quello che contribuisce maggiormente alla generazione di emissioni inquinanti: il 46,8% di NOx (ossido di azoto), il 42,2% di Pm10 e il 38,3% di Pm2,5. È comprensibile, dunque, che l’Amministrazione comunale abbia deciso di investire proprio su questo punto.

La combustione non industriale produce il 15% di Pm10 e il 19,3% di Pm2,5, ma solo il 3,8% di NOx, al contrario la combustione dell’industria ha percentuali più elevate sul NOx (15,3%) e minori sulle polveri sottili. I processi produttivi costituiscono il 14,1% delle emissioni per l’ossido d’azoto, il 13,5 di Pm10 e il 13,2 di Pm2,5. Per quanto riguarda il NOx, una buona parte è generata anche dal trattamento e dallo smaltimento dei rifiuti (13,9%). In città non incide, invece, l’agricoltura.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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